SERGIO LEONE: IL "SIGNOR WEST"
Sono passati ormai trent'anni. Il 30 aprile del 1989 ci lasciava uno dei più grandi registi del cinema italiano e non: Sergio Leone.
Il suo nome è indissolubilmente legato al "western", genere che lo ha consacrato al successo a partire dalla seconda metà degli anni '60, raggiungendo così fama e prestigio in tutto il mondo.
Nato a Roma il 3 gennaio del 1929, Leone respirò aria di cinema fin dall'infanzia. I genitori erano entrambi attori: Vincenzo Leone, in arte Roberto Roberti (uno dei primi interpreti del cinema muto in Italia) - e Bice Waleran, di origini austriache.
Sergio Leone, infatti, esordì nel mondo del cinema come attore, recitando anche come comparsa nel capolavoro di Vittorio De Sica "Ladri di biciclette", nel 1948.
La sua passione, però, erano le grandi imprese. Si appassionò ben presto ai film che andavano molto all'epoca, ovvero quelli che narravano le gesta eroiche degli antichi Greci e Romani.
Fu proprio con questo filone di film - noto come "peplum" - che Sergio Leone mosse i primi passi dietro la cinepresa, collaborando come aiutante o assistente regista in diverse pellicole del genere. Partecipò anche alla realizzazione di due importanti film hollywoodiani girati a Roma: "Quo vadis?"
di Mervyn LeRoy e il colossal "Ben - Hur" di William Wyler.
Agli inizi degli anni '60 - dopo aver realizzato "Il colosso di Rodi" - si rese conto ben presto che quel genere di produzioni stava ormai perdendo popolarità. Ci voleva qualcosa di nuovo, di innovativo o meglio: di differente.
Alcune locandine dei film di Sergio Leone.
Forse Sergio Leone non l'avrebbe mai immaginato, eppure quel cambio di rotta fu la sua
arma vincente. Il regista, infatti, amante dell'avventura e delle storie mitiche, decise di ridare lustro ad un genere che aveva avuto gran successo negli Stati Uniti negli anni '30 e '40 ma che in Italia - nonostante l'arrivo delle pellicole d'oltreoceano e qualche tentativo di emulazione - non aveva riscosso grande interesse da parte del pubblico. Da quel momento, tutto cambiò.
L'uscita nelle sale di "Per un pugno di dollari", nel 1964, segnò la nascita del cosiddetto"western all'italiana" che da quel momento in poi ispirerà tutta la cinematografia di genere, nazionale e non.
La pellicola è la prima della famosa 'trilogia del dollaro', che comprende inoltre "Per qualche dollaro in più", del 1965, e "Il buono, il brutto e il cattivo", del 1966, tutte interpretate dal mitico Clint Eastwood - attore allora pressoché sconosciuto - e musicate dal grande Ennio Morricone - che curerà tutte le successive colonne sonore dei film diretti dal regista.
Con Sergio Leone, le storie del West diventano più vere e vive. Non si tratta più di personaggi idealizzati, di mitici eroi. Quelli che lui porta in scena sono uomini veri, forti ma anche deboli,
passionali, rozzi e rabbiosi.
Sergio Leone sul set: a sinistra con Robert De Niro, a destra con Clint Eastwood.
Nel 1968, poi, arrivò quello che è considerato uno dei suoi migliori lavori, "C'era una volta il West": un malinconico rimando alle pellicole più tradizionali del genere, interpretato da Henry Fonda e una bellissima Claudia Cardinale - nel ruolo di Jill.
Nel 1972, invece, fu premiato con un David di Donatello per "Giù la testa" - film ambientato ai tempi della rivoluzione messicana, nel 1913 - interpretato da James Coburn e Rod Steiger.
Durante quel decennio, Leone abbandonò per qualche tempo la regia, partecipando alla realizzazione di alcune produzioni nazionali ed internazionali.
Nello stesso periodo collaborò anche alla sceneggiatura di un altro cult del western, "Il mio nome è nessuno", interpretato da Terence Hill.
Nei primi anni '80 torna a lavorare in Italia, producendo alcuni dei primi film di Carlo Verdone, all'esordio come regista: "Un sacco bello", "Bianco, rosso e Verdone" e "Troppo forte".
Ma, nel 1984, arrivò quello che - nonostante una fredda accoglienza iniziale - è considerato uno dei più bei film di sempre, che raccoglie ancora oggi consensi di pubblico e di critica:
"C'era una volta in America", con Robert De Niro, James Woods e Elizabeth McGovern. Il film - che chiude la cosiddetta 'trilogia del tempo', dopo "C'era una volta il West" e "Giù la testa" - racconta
una storia di gangster ambientata negli Stati Uniti ai tempi del proibizionismo.
Probabilmente non sarebbe stato quello il suo ultimo impegno da regista. Prima di andarsene all'improvviso - a causa di un attacco cardiaco - Sergio Leone stava lavorando ad alcuni progetti.
Sicuramente avrebbe potuto regalarci ancora pellicole straordinarie, magari sperimentando nuovi generi, in virtù di quell'estro e quella creatività che lo hanno sempre contraddistinto.
Sergio Leone, però, resta senza dubbio un vero e proprio "maestro" nella storia della cinematografia mondiale. Perché solo il "signor West" era in grado - attraverso abili e accurate inquadrature -
di mettere in risalto volti, particolari e paesaggi, tutti impolverati di sabbia e polvere da sparo, rendendo al meglio scene tanto spettacolari quanto indimenticabili.
Sono passati ormai trent'anni. Il 30 aprile del 1989 ci lasciava uno dei più grandi registi del cinema italiano e non: Sergio Leone.
Il suo nome è indissolubilmente legato al "western", genere che lo ha consacrato al successo a partire dalla seconda metà degli anni '60, raggiungendo così fama e prestigio in tutto il mondo.
Nato a Roma il 3 gennaio del 1929, Leone respirò aria di cinema fin dall'infanzia. I genitori erano entrambi attori: Vincenzo Leone, in arte Roberto Roberti (uno dei primi interpreti del cinema muto in Italia) - e Bice Waleran, di origini austriache.
Sergio Leone, infatti, esordì nel mondo del cinema come attore, recitando anche come comparsa nel capolavoro di Vittorio De Sica "Ladri di biciclette", nel 1948.
La sua passione, però, erano le grandi imprese. Si appassionò ben presto ai film che andavano molto all'epoca, ovvero quelli che narravano le gesta eroiche degli antichi Greci e Romani.
Fu proprio con questo filone di film - noto come "peplum" - che Sergio Leone mosse i primi passi dietro la cinepresa, collaborando come aiutante o assistente regista in diverse pellicole del genere. Partecipò anche alla realizzazione di due importanti film hollywoodiani girati a Roma: "Quo vadis?"
di Mervyn LeRoy e il colossal "Ben - Hur" di William Wyler.
Agli inizi degli anni '60 - dopo aver realizzato "Il colosso di Rodi" - si rese conto ben presto che quel genere di produzioni stava ormai perdendo popolarità. Ci voleva qualcosa di nuovo, di innovativo o meglio: di differente.
Alcune locandine dei film di Sergio Leone.
Forse Sergio Leone non l'avrebbe mai immaginato, eppure quel cambio di rotta fu la sua
arma vincente. Il regista, infatti, amante dell'avventura e delle storie mitiche, decise di ridare lustro ad un genere che aveva avuto gran successo negli Stati Uniti negli anni '30 e '40 ma che in Italia - nonostante l'arrivo delle pellicole d'oltreoceano e qualche tentativo di emulazione - non aveva riscosso grande interesse da parte del pubblico. Da quel momento, tutto cambiò.
L'uscita nelle sale di "Per un pugno di dollari", nel 1964, segnò la nascita del cosiddetto"western all'italiana" che da quel momento in poi ispirerà tutta la cinematografia di genere, nazionale e non.
La pellicola è la prima della famosa 'trilogia del dollaro', che comprende inoltre "Per qualche dollaro in più", del 1965, e "Il buono, il brutto e il cattivo", del 1966, tutte interpretate dal mitico Clint Eastwood - attore allora pressoché sconosciuto - e musicate dal grande Ennio Morricone - che curerà tutte le successive colonne sonore dei film diretti dal regista.
Con Sergio Leone, le storie del West diventano più vere e vive. Non si tratta più di personaggi idealizzati, di mitici eroi. Quelli che lui porta in scena sono uomini veri, forti ma anche deboli,
passionali, rozzi e rabbiosi.
Sergio Leone sul set: a sinistra con Robert De Niro, a destra con Clint Eastwood.
Nel 1968, poi, arrivò quello che è considerato uno dei suoi migliori lavori, "C'era una volta il West": un malinconico rimando alle pellicole più tradizionali del genere, interpretato da Henry Fonda e una bellissima Claudia Cardinale - nel ruolo di Jill.
Nel 1972, invece, fu premiato con un David di Donatello per "Giù la testa" - film ambientato ai tempi della rivoluzione messicana, nel 1913 - interpretato da James Coburn e Rod Steiger.
Durante quel decennio, Leone abbandonò per qualche tempo la regia, partecipando alla realizzazione di alcune produzioni nazionali ed internazionali.
Nello stesso periodo collaborò anche alla sceneggiatura di un altro cult del western, "Il mio nome è nessuno", interpretato da Terence Hill.
Nei primi anni '80 torna a lavorare in Italia, producendo alcuni dei primi film di Carlo Verdone, all'esordio come regista: "Un sacco bello", "Bianco, rosso e Verdone" e "Troppo forte".
Ma, nel 1984, arrivò quello che - nonostante una fredda accoglienza iniziale - è considerato uno dei più bei film di sempre, che raccoglie ancora oggi consensi di pubblico e di critica:
"C'era una volta in America", con Robert De Niro, James Woods e Elizabeth McGovern. Il film - che chiude la cosiddetta 'trilogia del tempo', dopo "C'era una volta il West" e "Giù la testa" - racconta
una storia di gangster ambientata negli Stati Uniti ai tempi del proibizionismo.
Probabilmente non sarebbe stato quello il suo ultimo impegno da regista. Prima di andarsene all'improvviso - a causa di un attacco cardiaco - Sergio Leone stava lavorando ad alcuni progetti.
Sicuramente avrebbe potuto regalarci ancora pellicole straordinarie, magari sperimentando nuovi generi, in virtù di quell'estro e quella creatività che lo hanno sempre contraddistinto.
Sergio Leone, però, resta senza dubbio un vero e proprio "maestro" nella storia della cinematografia mondiale. Perché solo il "signor West" era in grado - attraverso abili e accurate inquadrature -
di mettere in risalto volti, particolari e paesaggi, tutti impolverati di sabbia e polvere da sparo, rendendo al meglio scene tanto spettacolari quanto indimenticabili.
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