"FERRIBOTTE": IL SARDO CHE INVENTO' "IL SICILIANO"
Piccolo di statura, scuro di carnagione. I capelli neri tirati all'indietro con la brillantina ed un paio di baffetti appuntiti, sotto uno sguardo furbo e circospetto. Tiberio Murgia - attore di cinema e televisione - ha per decenni interpretato una maschera: quella del maschio siciliano, geloso e possessivo. Eppure, incredibile a dirsi, era sardo. Precisamente di Oristano, dove nacque il 5 febbraio di novant'anni fa.
Dietro quello stereotipo, però, si nascondeva una grande verità: la rabbia, la determinazione e la voglia di riscatto che solo chi ha vissuto la fame del Dopoguerra è in grado di comprendere.
Tiberio, infatti, nato in una famiglia numerosa, ebbe un'infanzia difficile, fatta di stenti e miseria. Militante nel Pci - frequentò la famosa "Scuola delle Frattocchie", vicino Roma -, divenne segretario dei Giovani Comunisti, salvo essere poi espulso a causa di una relazione con una sua compagna - essendo lui già sposato. Tiberio, infatti, amava molto le donne. E fu proprio una donna a salvargli la vita. Quando emigrò in Belgio, a Marcinelle, dove aveva trovato impiego come minatore. Una notte, ci fu un'esplosione di gas in miniera. Murgia si salvò proprio perché, quella sera, non era lì, ma si trovava in compagnia della moglie di un suo collega, con la quale aveva una storia.
Rientrato in Sardegna, ancora disoccupato e stanco della vita coniugale, scappò a Roma. Trovò un impiego come lavapiatti in una trattoria al centro di Roma, nei pressi di Piazza di Spagna. Una sera, venne notato dall'aiuto regista di Mario Monicelli che allora stava realizzando un film che sarebbe divenuto un capolavoro della cinematografia nazionale: "I soliti ignoti". Murgia fu così invitato a Cinecittà per un provino. Mancava il ruolo di uno degli "ignoti" che tentano il colpo al Monte di Pietà: quello del siciliano Michele detto "Ferribotte", un uomo geloso che teneva rinchiusa in casa la nubile sorella Carmela - la bella Claudia Cardinale. Al provino si presentarono altri aspiranti attori, tutti siciliani. Ma la mimica facciale del Murgia, la sua bravura, dovuta alla spontaneità recitativa, fecero la differenza. Al resto, ci pensò il doppiaggio di Renato Cominetti che rese il tutto ancor più credibile.
E così, insieme a Vittorio Gassman, Renato Salvatori, Marcello Mastroianni e Carlo Pisacane (Capannelle), quel giovane sardo entrò nella storia del cinema italiano. Da quel momento in poi, per oltre cinquant'anni, il suo profilo pungente e furbo, comparì in oltre quaranta produzioni, spaziando dalla classica "commedia", al filone "sexy" anni '70, fino alla fiction televisiva. Fu diretto ancora da Monicelli, ma anche da Vittorio De Sica e Carlo Ludovico Bragaglia, Castellano & Pipolo. Recitò ancora con Gassman, con Totò, Alberto Sordi, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Adriano Celentano.
E nonostante le sue interpretazioni siano state sempre marginali e di genere caricaturale, i suoi ruoli restano tutt'oggi indimenticabili. C'è da dire però che, passionale e fumantino, lo era per davvero. Come già detto, Murgia era un incallito amatore. Dopo il primo matrimonio - che gli diede due figli - si sposò nuovamente, ed ebbe un'altra figlia. Ma sono molteplici le avventure che - come apertamente dichiarato - ha avuto nel corso della sua vita. Le donne, insomma, hanno avuto sempre un posto di tutto rispetto nella sua esistenza. "Non esistono donne brutte. Ogni donna, in qualunque modo la guardi, ha qualcosa di bello", dichiarò in una delle sue ultime interviste prima di morire, il 20 agosto 2010, da tempo malato di Alzheimer.
Insomma, a pensarci bene, Tiberio Murgia non era poi così differente dal suo celebre personaggio, Michele "Ferribotte". Ruolo che interpretò, con altrettanto successo, anche nei due sequel: "Audace colpo dei soliti ignoti", nel 1959, di Nanni Loy e "I soliti ignoti vent'anni dopo", nel 1985, per la regia di Amanzio Todini. E, in fin dei conti, resta quella la sua interpretazione migliore. Tanto è vero che, ancora oggi, per tutti, Tiberio Murgia resta semplicemente "Ferribotte": il sardo che inventò "il siciliano".
Piccolo di statura, scuro di carnagione. I capelli neri tirati all'indietro con la brillantina ed un paio di baffetti appuntiti, sotto uno sguardo furbo e circospetto. Tiberio Murgia - attore di cinema e televisione - ha per decenni interpretato una maschera: quella del maschio siciliano, geloso e possessivo. Eppure, incredibile a dirsi, era sardo. Precisamente di Oristano, dove nacque il 5 febbraio di novant'anni fa.
Dietro quello stereotipo, però, si nascondeva una grande verità: la rabbia, la determinazione e la voglia di riscatto che solo chi ha vissuto la fame del Dopoguerra è in grado di comprendere.
Tiberio, infatti, nato in una famiglia numerosa, ebbe un'infanzia difficile, fatta di stenti e miseria. Militante nel Pci - frequentò la famosa "Scuola delle Frattocchie", vicino Roma -, divenne segretario dei Giovani Comunisti, salvo essere poi espulso a causa di una relazione con una sua compagna - essendo lui già sposato. Tiberio, infatti, amava molto le donne. E fu proprio una donna a salvargli la vita. Quando emigrò in Belgio, a Marcinelle, dove aveva trovato impiego come minatore. Una notte, ci fu un'esplosione di gas in miniera. Murgia si salvò proprio perché, quella sera, non era lì, ma si trovava in compagnia della moglie di un suo collega, con la quale aveva una storia.
Rientrato in Sardegna, ancora disoccupato e stanco della vita coniugale, scappò a Roma. Trovò un impiego come lavapiatti in una trattoria al centro di Roma, nei pressi di Piazza di Spagna. Una sera, venne notato dall'aiuto regista di Mario Monicelli che allora stava realizzando un film che sarebbe divenuto un capolavoro della cinematografia nazionale: "I soliti ignoti". Murgia fu così invitato a Cinecittà per un provino. Mancava il ruolo di uno degli "ignoti" che tentano il colpo al Monte di Pietà: quello del siciliano Michele detto "Ferribotte", un uomo geloso che teneva rinchiusa in casa la nubile sorella Carmela - la bella Claudia Cardinale. Al provino si presentarono altri aspiranti attori, tutti siciliani. Ma la mimica facciale del Murgia, la sua bravura, dovuta alla spontaneità recitativa, fecero la differenza. Al resto, ci pensò il doppiaggio di Renato Cominetti che rese il tutto ancor più credibile.
E così, insieme a Vittorio Gassman, Renato Salvatori, Marcello Mastroianni e Carlo Pisacane (Capannelle), quel giovane sardo entrò nella storia del cinema italiano. Da quel momento in poi, per oltre cinquant'anni, il suo profilo pungente e furbo, comparì in oltre quaranta produzioni, spaziando dalla classica "commedia", al filone "sexy" anni '70, fino alla fiction televisiva. Fu diretto ancora da Monicelli, ma anche da Vittorio De Sica e Carlo Ludovico Bragaglia, Castellano & Pipolo. Recitò ancora con Gassman, con Totò, Alberto Sordi, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Adriano Celentano.
E nonostante le sue interpretazioni siano state sempre marginali e di genere caricaturale, i suoi ruoli restano tutt'oggi indimenticabili. C'è da dire però che, passionale e fumantino, lo era per davvero. Come già detto, Murgia era un incallito amatore. Dopo il primo matrimonio - che gli diede due figli - si sposò nuovamente, ed ebbe un'altra figlia. Ma sono molteplici le avventure che - come apertamente dichiarato - ha avuto nel corso della sua vita. Le donne, insomma, hanno avuto sempre un posto di tutto rispetto nella sua esistenza. "Non esistono donne brutte. Ogni donna, in qualunque modo la guardi, ha qualcosa di bello", dichiarò in una delle sue ultime interviste prima di morire, il 20 agosto 2010, da tempo malato di Alzheimer.
Insomma, a pensarci bene, Tiberio Murgia non era poi così differente dal suo celebre personaggio, Michele "Ferribotte". Ruolo che interpretò, con altrettanto successo, anche nei due sequel: "Audace colpo dei soliti ignoti", nel 1959, di Nanni Loy e "I soliti ignoti vent'anni dopo", nel 1985, per la regia di Amanzio Todini. E, in fin dei conti, resta quella la sua interpretazione migliore. Tanto è vero che, ancora oggi, per tutti, Tiberio Murgia resta semplicemente "Ferribotte": il sardo che inventò "il siciliano".
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