OTTANT'ANNI FA NASCEVA IL "SIGNOR G": "DATE FIDUCIA ALL'AMORE, IL RESTO È NIENTE"
È stato un grande protagonista del secolo scorso. Un attore, un conduttore, un musicista, un cantante, un paroliere. In altre parole, un "drago". Proprio come il "Cerutti Gino", quello dell'omonima "Ballata" che spopolava nelle radio di tutta Italia nel 1960.
Tutti lo ricordiamo così, Giorgio Gaber: sorridente, beffardo, seduto su uno sgabello con la sua inseparabile chitarra. Quello strumento che, regalatogli dal padre per riabilitarlo dopo una brutta malattia - una paralisi al braccio sinistro, conseguenza di una poliomielite -, indirizzò quel giovane ragazzo sulla strada giusta, quella che lo porterà a diventare un uomo, anzi, un "signore": il "Signor G". Amante del jazz e del rock 'n roll, cominciò ad esibirsi come musicista nella sua Milano. Collaborò con Celentano, Luigi Tenco, Enzo Jannacci. In particolare, con quest'ultimo diede vita ad un duo di successo, "I Due Corsari".
Nel corso degli anni '60 condusse anche una serie di trasmissioni televisive di carattere musicale.
La svolta, però, arrivò negli anni '70. Fu lì che Gaber divenne il "Signor G" che tutti ancora oggi ricordano. L'estro e l'umorismo che lo contraddistinguevano lo spinsero a portare la musica a teatro.
Con "Il teatro canzone", infatti, Giorgio Gaber cominciò a girovagare per tutti i palcoscenici d'Italia. Monologhi, racconti e musica per descrivere, con la giusta e pungente ironia, vizi e virtù del nostro Paese, con espliciti riferimenti alla politica - si pensi a "Destra-Sinistra".
Gli album più celebri, gli spettacoli più amati, appartengono a quel trentennio ('70 -'00) che vide Gaber descrivere amabilmente umori, gioie, convinzioni - errate o meno - di un intero popolo che si lasciava coinvolgere - e sconvolgere - dalle istrioniche doti di quell'uomo dal naso importante e lo sguardo di chi la sà lunga. Se un brutto cancro ai polmoni non se lo fosse portato via il giorno di Capodanno del 2003, Gaber oggi avrebbe compiuto ottant'anni.
Sono passati quasi vent'anni dalla sua scomparsa e sono cambiate tante cose dagli inizi del nuovo secolo. Vien naturale chiedersi: cosa direbbe oggi facendo vibrare le corde della sua anima, prima ancora che della sua chitarra?
Forse è scontato, ma credo che Giorgio Gaber terrebbe ancora a ripeterci che l'amore è l'unica cosa che conta davvero, l'unica che meriti davvero fiducia: "Il resto è niente".
È stato un grande protagonista del secolo scorso. Un attore, un conduttore, un musicista, un cantante, un paroliere. In altre parole, un "drago". Proprio come il "Cerutti Gino", quello dell'omonima "Ballata" che spopolava nelle radio di tutta Italia nel 1960.
Tutti lo ricordiamo così, Giorgio Gaber: sorridente, beffardo, seduto su uno sgabello con la sua inseparabile chitarra. Quello strumento che, regalatogli dal padre per riabilitarlo dopo una brutta malattia - una paralisi al braccio sinistro, conseguenza di una poliomielite -, indirizzò quel giovane ragazzo sulla strada giusta, quella che lo porterà a diventare un uomo, anzi, un "signore": il "Signor G". Amante del jazz e del rock 'n roll, cominciò ad esibirsi come musicista nella sua Milano. Collaborò con Celentano, Luigi Tenco, Enzo Jannacci. In particolare, con quest'ultimo diede vita ad un duo di successo, "I Due Corsari".
Nel corso degli anni '60 condusse anche una serie di trasmissioni televisive di carattere musicale.
La svolta, però, arrivò negli anni '70. Fu lì che Gaber divenne il "Signor G" che tutti ancora oggi ricordano. L'estro e l'umorismo che lo contraddistinguevano lo spinsero a portare la musica a teatro.
Con "Il teatro canzone", infatti, Giorgio Gaber cominciò a girovagare per tutti i palcoscenici d'Italia. Monologhi, racconti e musica per descrivere, con la giusta e pungente ironia, vizi e virtù del nostro Paese, con espliciti riferimenti alla politica - si pensi a "Destra-Sinistra".
Gli album più celebri, gli spettacoli più amati, appartengono a quel trentennio ('70 -'00) che vide Gaber descrivere amabilmente umori, gioie, convinzioni - errate o meno - di un intero popolo che si lasciava coinvolgere - e sconvolgere - dalle istrioniche doti di quell'uomo dal naso importante e lo sguardo di chi la sà lunga. Se un brutto cancro ai polmoni non se lo fosse portato via il giorno di Capodanno del 2003, Gaber oggi avrebbe compiuto ottant'anni.
Sono passati quasi vent'anni dalla sua scomparsa e sono cambiate tante cose dagli inizi del nuovo secolo. Vien naturale chiedersi: cosa direbbe oggi facendo vibrare le corde della sua anima, prima ancora che della sua chitarra?
Forse è scontato, ma credo che Giorgio Gaber terrebbe ancora a ripeterci che l'amore è l'unica cosa che conta davvero, l'unica che meriti davvero fiducia: "Il resto è niente".
Commenti
Posta un commento