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 EMILIO ALESSANDRINI: IL VOLTO ONESTO DELLA LEGGE

Quarant'anni fa, Milano venne avvolta da una insolita "nebbia": era fatta di rabbia, incredulità e tristezza. Perché il 27 gennaio del 1979, Emilio Alessandrini, Sostituto Procuratore al Tribunale di Milano, veniva freddato con otto colpi di pistola, mentre era fermo ad un semaforo nella sua auto. Aveva appena accompagnato suo figlio a scuola e stava per recarsi in tribunale.


Con quello sguardo onesto, da padre amorevole, nascosto dietro un paio di occhiali dalle lenti ampie, Emilio Alessandrini era un uomo che amava il suo lavoro. Era arrivato a Milano nel 1968, in un periodo non facile. Erano gli anni in cui si cominciava a parlare di terrorismo, stragismo di massa e delitti politici. Dal 1972 aveva preso in mano le indagini sulla strage di Piazza Fontana - la prima grande strage italiana - portando all'incriminazione di Franco Freda e Giovanni Ventura.
 In seguito si batté in prima linea contro il terrorismo sia "nero" ( destra) che "rosso" (sinistra).
Indagò a fondo nell'ambito della Autonomia milanese. Inoltre, prese parte anche all'inchiesta sul Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Ma Alessandrini, non era soltanto un bravo magistrato. Era anche un uomo che guardava al futuro e mirava a modernizzare il sistema giudiziario. Aveva intenzione di creare un pool antiterrorismo, per proseguire la sua battaglia. Ma non ne ebbe il tempo. Un commando di "Prima linea" - organizzazione terroristica di estrema sinistra - pose fine ai suoi progetti e alle sue speranze. Il suo esempio, però, resta. Come resta il ricordo del suo volto onesto, specchio di quella Legge in cui ha sempre creduto.

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