COL SORRISO E L'ALLEGRIA
"Ogn' anno, il due novembre, c'è l' usanza per i defunti andare al Cimitero. Ognuno ll' adda fà chesta crianza; ognuno adda tene' chistu penziero". Molti di noi, questa mattina, si saranno svegliati con questo "pensiero", come dice Totò ne " 'A livella". Con la consueta pioggia di circostanza, saremo in molti a recarci nei cimiteri dei nostri paesi e delle nostre città per omaggiare i nostri cari ormai scomparsi.
Il nostro umore non sarà certo dei migliori. Rivedere quei volti sorridenti, caldi, contrastanti il freddo delle lapidi in marmo, mette sempre un po' di tristezza. Ci porta a fare i conti con il passato e con le nostre mancanze affettive.
Io però - seppur non è facile - ogni volta che vado al cimitero, non solo in questa ricorrenza, cerco di farlo con lo stesso spirito che avevo da ragazzino.
Infatti, allora, per me il 2 novembre era davvero una festa - per come la intende un bambino.
Il motivo era questo. Ho avuto la sfortuna di crescere senza i miei due nonni: Andrea e Nicola.
Però ho avuto anche il pregio di poter passare gran parte del mio tempo con le mie mitiche nonne, Rosa e Assunta.
Grazie a loro - ed anche ai miei genitori - ho comunque avuto la possibilità di conoscere le vite dei nonni. Mio nonno Andrea era laureato in ingegneria, scriveva poesie, e si spostava a piedi o con i mezzi pubblici, pur avendo la patente. Nonno Nicola, invece, aveva solo la quinta elementare, ma era un asso nei conti, gestiva un negozio di alimentari e si spostava in Lambretta.
Sebbene potessero sembrare due uomini molto diversi, in realtà avevano tante cose in comune. Innanzitutto la bontà, l'onestà, la forza d'animo e il desiderio di vivere. Ma, soprattutto, li accomunava una cosa: quella di aver avuto al loro fianco una "grande donna" che, quasi sempre, aveva l'ultima parola su tutto. Ed è proprio grazie a queste due grandi donne che per me il 2 novembre diventò un vero giorno di festa. Esattamente come mi recavo a casa di mia nonna Assunta, che abitava a pochi passi da casa mia, così andavo al cimitero per salutare i nonni.
Oltre ai fiori, portavo spesso disegni, lettere e pensieri, a volte sgrammaticati. Molti di loro sono ancora lì, nelle cappelle: ingialliti dal tempo ma ancora vivi d'affetto.
Certo, oggi non porto più disegni o lettere, però il mio spirito è rimasto lo stesso. Anche da quando le mie nonne hanno raggiunto i rispettivi mariti. Nonostante la loro scomparsa mi abbia molto scosso, continuo a comportarmi come se fossero ancora in vita. Proprio come facevo con i miei nonni. Ed anche oggi, come sempre, andrò a trovarli, e come sono certo vorrebbero tutti i nostri cari: col sorriso e l'allegria.
"Ogn' anno, il due novembre, c'è l' usanza per i defunti andare al Cimitero. Ognuno ll' adda fà chesta crianza; ognuno adda tene' chistu penziero". Molti di noi, questa mattina, si saranno svegliati con questo "pensiero", come dice Totò ne " 'A livella". Con la consueta pioggia di circostanza, saremo in molti a recarci nei cimiteri dei nostri paesi e delle nostre città per omaggiare i nostri cari ormai scomparsi.
Il nostro umore non sarà certo dei migliori. Rivedere quei volti sorridenti, caldi, contrastanti il freddo delle lapidi in marmo, mette sempre un po' di tristezza. Ci porta a fare i conti con il passato e con le nostre mancanze affettive.
Io però - seppur non è facile - ogni volta che vado al cimitero, non solo in questa ricorrenza, cerco di farlo con lo stesso spirito che avevo da ragazzino.
Infatti, allora, per me il 2 novembre era davvero una festa - per come la intende un bambino.
Il motivo era questo. Ho avuto la sfortuna di crescere senza i miei due nonni: Andrea e Nicola.
Però ho avuto anche il pregio di poter passare gran parte del mio tempo con le mie mitiche nonne, Rosa e Assunta.
Grazie a loro - ed anche ai miei genitori - ho comunque avuto la possibilità di conoscere le vite dei nonni. Mio nonno Andrea era laureato in ingegneria, scriveva poesie, e si spostava a piedi o con i mezzi pubblici, pur avendo la patente. Nonno Nicola, invece, aveva solo la quinta elementare, ma era un asso nei conti, gestiva un negozio di alimentari e si spostava in Lambretta.
Sebbene potessero sembrare due uomini molto diversi, in realtà avevano tante cose in comune. Innanzitutto la bontà, l'onestà, la forza d'animo e il desiderio di vivere. Ma, soprattutto, li accomunava una cosa: quella di aver avuto al loro fianco una "grande donna" che, quasi sempre, aveva l'ultima parola su tutto. Ed è proprio grazie a queste due grandi donne che per me il 2 novembre diventò un vero giorno di festa. Esattamente come mi recavo a casa di mia nonna Assunta, che abitava a pochi passi da casa mia, così andavo al cimitero per salutare i nonni.
Oltre ai fiori, portavo spesso disegni, lettere e pensieri, a volte sgrammaticati. Molti di loro sono ancora lì, nelle cappelle: ingialliti dal tempo ma ancora vivi d'affetto.
Certo, oggi non porto più disegni o lettere, però il mio spirito è rimasto lo stesso. Anche da quando le mie nonne hanno raggiunto i rispettivi mariti. Nonostante la loro scomparsa mi abbia molto scosso, continuo a comportarmi come se fossero ancora in vita. Proprio come facevo con i miei nonni. Ed anche oggi, come sempre, andrò a trovarli, e come sono certo vorrebbero tutti i nostri cari: col sorriso e l'allegria.
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