CHE LA GIUSTIZIA E LA LIBERTA' NON COSTINO MAI PIU' UN "4 NOVEMBRE"
"L’esercito marciava per raggiunger la frontiera, per far contro il nemico una barriera…".
Il 4 novembre 1918, la marcia dell'esercito italiano si arrestò. Dopo la battaglia di Vittorio Veneto e l'armistizio di Villa Giusti, l'Impero Austro-Ungarico venne sconfitto.
Detta così, può sembrare un merito importante, un orgoglio per il nostro Paese e la nostra storia, ed in parte lo è. Ma se pensiamo che quell'esercito, quella "barriera" de "La canzone del Piave" era composta da povera gente, contadini analfabeti, giovani e ragazzini, mandati al fronte senza neanche rendersi conto di quel che facevano, allora la questione cambia. Tutte le guerre sono folli, inutili. Ma quella guerra lo fu più di tutte. Dei soldati partiti allo scoppio del conflitto, i più morirono in trincea, in quelle affossature fortificate alla meglio, sotto i "tapum", i colpi delle mitragliatrici austriache. Giovani italiani pieni di sogni, di speranze, costretti a morire come bestie da macello per una nazione nella quale neanche si riconoscevano. Dall'anno successivo il 4 novembre divenne Festa Nazionale . Quella data restò "rossa" sul calendario fino al 1976. Successivamente venne abolita e quasi dimenticata, per poi essere ripristinata per volere del Presidente Ciampi, nei primi anni Duemila, con una serie di cerimonie, quali l'omaggio al "Milite Ignoto" all'Altare della Patria, a Roma, da parte del Capo di Stato, oppure varie cerimonie presso i monumenti ai caduti presenti in tutta Italia. Personalmente, trovo giusto e necessario non dimenticare questa importantissima ricorrenza.
I nostri avi, in quella guerra, persero amici, conoscenti, mariti, figli, nipoti. Per loro quella data resta indimenticabile.
E deve esserlo anche per noi. La storia serve a far sì che non si ripetano gli stessi errori. Che questa ricorrenza aiuti a non dimenticare chi, cent'anni fa, ha dovuto armarsi per difendere il proprio futuro. Celebriamo il "4 novembre" affinché non ne siano necessari altri per difendere la nostra giustizia e la nostra libertà.
"L’esercito marciava per raggiunger la frontiera, per far contro il nemico una barriera…".
Il 4 novembre 1918, la marcia dell'esercito italiano si arrestò. Dopo la battaglia di Vittorio Veneto e l'armistizio di Villa Giusti, l'Impero Austro-Ungarico venne sconfitto.
Detta così, può sembrare un merito importante, un orgoglio per il nostro Paese e la nostra storia, ed in parte lo è. Ma se pensiamo che quell'esercito, quella "barriera" de "La canzone del Piave" era composta da povera gente, contadini analfabeti, giovani e ragazzini, mandati al fronte senza neanche rendersi conto di quel che facevano, allora la questione cambia. Tutte le guerre sono folli, inutili. Ma quella guerra lo fu più di tutte. Dei soldati partiti allo scoppio del conflitto, i più morirono in trincea, in quelle affossature fortificate alla meglio, sotto i "tapum", i colpi delle mitragliatrici austriache. Giovani italiani pieni di sogni, di speranze, costretti a morire come bestie da macello per una nazione nella quale neanche si riconoscevano. Dall'anno successivo il 4 novembre divenne Festa Nazionale . Quella data restò "rossa" sul calendario fino al 1976. Successivamente venne abolita e quasi dimenticata, per poi essere ripristinata per volere del Presidente Ciampi, nei primi anni Duemila, con una serie di cerimonie, quali l'omaggio al "Milite Ignoto" all'Altare della Patria, a Roma, da parte del Capo di Stato, oppure varie cerimonie presso i monumenti ai caduti presenti in tutta Italia. Personalmente, trovo giusto e necessario non dimenticare questa importantissima ricorrenza.
I nostri avi, in quella guerra, persero amici, conoscenti, mariti, figli, nipoti. Per loro quella data resta indimenticabile.
E deve esserlo anche per noi. La storia serve a far sì che non si ripetano gli stessi errori. Che questa ricorrenza aiuti a non dimenticare chi, cent'anni fa, ha dovuto armarsi per difendere il proprio futuro. Celebriamo il "4 novembre" affinché non ne siano necessari altri per difendere la nostra giustizia e la nostra libertà.
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