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 ALDO CAZZULLO: "GIURO CHE NON AVRO' PIU' FAME"

"Si stava meglio quando si stava peggio". Leggendo le pagine di "Giuro che non avrò più fame. L'Italia della Ricostruzione" - l'ultimo libro del giornalista Aldo Cazzullo -, non si può fare a meno di pensare a questo detto. Tanto conosciuto quanto ripetuto a iosa, quasi fosse una formula magica.
Come se bastasse questo a far cambiare le cose. Ebbene, se proprio qualcuno volesse una ricetta - si fa per dire - per convincersi che il cambiamento sta nelle nostre mani, la troverà leggendo questo saggio. Il titolo è già di per sé una sintesi. "Giuro che non avrò più fame", riprende una frase pronunciata dalla protagonista di "Via col vento", Rossella che, dopo giorni di digiuno, disperata, si nutre delle radici di una piantina, promettendo a se stessa che mai più avrebbe sofferto per la fame.


Come dice lo stesso autore, quel giuramento, simbolicamente, è stato fatto da tutti gli italiani all'indomani del secondo dopoguerra. Quel film infatti - uscito nel '39 in America - arrivò nel nostro Paese soltanto dopo il 1945, e fu uno dei primi film visti dai nostri padri e dai nostri nonni.
La guerra non aveva soltanto accumulato morti e macerie, ma aveva distrutto i sogni ed i desideri di tutti. L'arrivo degli Alleati, la liberazione dal nazifascismo, erano stati accolti come un miracolo. C'erano tanta miseria e tanta povertà, ma la voglia di vivere, di tornare a sognare era ancora più forte. E questa speranza, questo desiderio di rivalsa, accompagna il lettore lungo tutto il testo.
Il racconto illustra con semplicità e passione le tappe della Ricostruzione italiana. Si parte dalle elezioni del 18 aprile 1948, con la nascita del primo "vero" governo dell'Italia libera, guidato dalla Democrazia cristiana che batté il Fronte popolare capeggiato dal Partito comunista.
Era l'Italia divisa tra filoamericani e filorussi, tra i sostenitori di Alcide De Gasperi e quelli di Palmiro Togliatti (il cui attentato, il 14 luglio 1948, paventò il pericolo della Rivoluzione), tra i tifosi di Gino Bartali e quelli di Fausto Coppi, campioni del ciclismo. Era l'Italia dell'Eni di Enrico Mattei, delle macchine per scrivere di Adriano Olivetti e della Fiat di Vittorio Valletta.
Ma erano anche gli anni del Neorealismo, il cinema fatto con attori presi dalla strada, e della storia d'amore tra Rossellini e "l'immensa" Anna Magnani: storia finita per il "capello biondo" della Bergman che si insinuò tra di loro. E sono proprio le donne le vere protagoniste in quegli anni. L'emancipazione femminile cominciò allora, passando per il primo voto alle urne e la dignità riacquistata dalle "signorine" delle case di piacere, grazie alla tenacia della senatrice Lina Merlin che, dopo una battaglia durata dieci anni, riuscì a far approvare la Legge che "aprì" definitivamente le persiane delle "case chiuse".
Ma, come è esplicito intento dell'autore, il libro non vuole essere soltanto un nostalgico resoconto del passato. L'obiettivo è far capire a tutti come l'Italia di oggi, in realtà, non sia molto diversa da quella. Settant'anni fa il problema era la distruzione, la miseria provocata dalla guerra. Oggi è la crisi economica ad averci privato del desiderio di batterci per il nostro futuro.
Ho avuto il piacere di assistere alla presentazione di questo libro, presso il "salone degli specchi" del teatro San Carlo di Napoli, lo scorso 29 ottobre.
Oltre all'autore, all'incontro era presente anche il maestro Riccardo Muti, citato anche nel libro. Il musicista, nel 1948, era soltanto un bambino ma ha un ricordo vivo della felicità e della voglia di vivere di quegli anni, nonostante le mille difficoltà.
Oggi si può dire che abbiamo tutto, eppure sentiamo sempre la mancanza di qualcosa. Ma come ho detto all'inizio: non esistono formule magiche o antidoti.
Questo libro, però,  può essere un utile catechismo di fiducia, per tutti noi.
Come scrive lo stesso Cazzullo, anche oggi siamo un Paese da ricostruire. In queste pagine, troverete come abbiamo fatto settant'anni fa.
Invito tutti all'acquisto di questo libro. Forse sono di parte, perché sono un vero appassionato di quel periodo storico e di quello immediatamente successivo - il "Boom economico", fine anni '50. Ma sono certo che, anche voi, come me, riuscirete ad appassionarvi e a trovare tra quelle pagine un po' di fiducia e di speranza nel futuro.
Oggi si sa, il vero problema, è la paura di non farcela. La paura che il futuro non abbia in serbo nulla di buono per noi. Ed è proprio questa, la paura che riuscirono a vincere i nostri avi, ricostruendo un Paese su cui nessuno mai avrebbe scommesso.
Forse, anche noi, oggi, dovremmo ripetere quel gesto simbolico di Rossella in "Via col vento": nel 1948 giuravamo di non aver più fame. Adesso è il momento di dire: giuro di non aver più paura.

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