RITA HAYWORTH: "IL SOGNO" DI TUTTI CHE RINUNCIO' AL PROPRIO
Era il desiderio proibito di tutti gli uomini del mondo. Un' icona di bellezza e sensualità. Ma come tutte le "pin-up", Rita Hayworth restò legata al ruolo di "figurina" del piacere.
Per tutti, infatti, è sempre stata "Gilda", protagonista dell'omonimo film di Charles Vidor, del 1946.
I boccoli rossi, lo sguardo magnetico e gli attillati vestiti di seta, fecero di Rita l'ideale di donna: desiderata dagli uomini, ed invidiata dalle donne. La definirono "Dea dell'amore", "L' atomica" - dopo che la sua immagine finì su di un ordigno atomico sperimentale -, ma Rita, quella "vera", reale, non la conosceva nessuno.
Era una donna fragile, bisognosa d'affetto. Le sue relazioni, i suoi molteplici matrimoni - tra cui quelli con Orson Welles e con il principe ismailita Aly Khan -, furono la ragione per cui il cinema la rese uno stereotipo, del quale si stancò ben presto. La sua vita libertina, frutto di un desiderio d'amore profondo, le provocò diverse critiche. Tutti volevano "Gilda", la vamp, la sensuale, nessuno "Rita", quella dolce, sensibile ed insicura.
Rifugiatasi nell'alcol, si ammalò anche di Alzheimer, finendo i suoi giorni in ospedale, accudita dalla figlia Yasmin, nel 1987.
Oggi Rita avrebbe compiuto cento anni. Poichè di "Gilda", il suo alter ego, si ricordano tutti, forse un pensiero varrebbe rivolgerlo al suo vero "io": la donna che per essere "il sogno" di tutti rinunciò al proprio.
Era il desiderio proibito di tutti gli uomini del mondo. Un' icona di bellezza e sensualità. Ma come tutte le "pin-up", Rita Hayworth restò legata al ruolo di "figurina" del piacere.
Per tutti, infatti, è sempre stata "Gilda", protagonista dell'omonimo film di Charles Vidor, del 1946.
I boccoli rossi, lo sguardo magnetico e gli attillati vestiti di seta, fecero di Rita l'ideale di donna: desiderata dagli uomini, ed invidiata dalle donne. La definirono "Dea dell'amore", "L' atomica" - dopo che la sua immagine finì su di un ordigno atomico sperimentale -, ma Rita, quella "vera", reale, non la conosceva nessuno.
Era una donna fragile, bisognosa d'affetto. Le sue relazioni, i suoi molteplici matrimoni - tra cui quelli con Orson Welles e con il principe ismailita Aly Khan -, furono la ragione per cui il cinema la rese uno stereotipo, del quale si stancò ben presto. La sua vita libertina, frutto di un desiderio d'amore profondo, le provocò diverse critiche. Tutti volevano "Gilda", la vamp, la sensuale, nessuno "Rita", quella dolce, sensibile ed insicura.
Rifugiatasi nell'alcol, si ammalò anche di Alzheimer, finendo i suoi giorni in ospedale, accudita dalla figlia Yasmin, nel 1987.
Oggi Rita avrebbe compiuto cento anni. Poichè di "Gilda", il suo alter ego, si ricordano tutti, forse un pensiero varrebbe rivolgerlo al suo vero "io": la donna che per essere "il sogno" di tutti rinunciò al proprio.
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