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PAPA GIOVANNI PAOLO II: "NON ABBIATE PAURA DEL FUTURO"

"Se mi sbaglio mi corrigerete". Chi, tra i milioni di fedeli presenti in San Pietro od incollati davanti alla tv, quella sera del 16 ottobre di quarant'anni fa, non si è commosso nell'udire queste parole? Ma anche chi allora non era presente, ed ha potuto comunque ascoltare la registrazione di quel discorso: fatto di parole semplici, confidenziali e pure.


Con quel semplice gesto, proveniente dal cuore, Papa Karol Wojtyla conquistò tutti.
Come aveva conquistato la sua gente, nella sua Polonia. Terra nella quale visse gran parte della sua vita. Prima a Wadowice, dove nacque - il 18 maggio del 1920 -  e poi a Cracovia, dove si trasferì con il padre - dopo la prematura scomparsa della madre e del fratello, medico. Lì cominciò a studiare all'università, apprendendo la storia, la letteratura e la filologia polacca, e intraprendendo lo studio del francese - una delle tante lingue da lui conosciute e parlate.
Visse sulla propria pelle la tragedia dell' occupazione della Polonia, prima da parte dei Nazisti e poi dei Sovietici.
Non riusciva a spiegarsi il perché di quella tragedia, di tutta quella sofferenza. In quegli anni, capì l'importanza di sentirsi un unico popolo, fatto soltanto di persone, senza distinzioni alcune. Molti suoi amici erano ebrei, e furono deportati durante la Seconda guerra.
Cercava delle risposte, delle spiegazioni a tutto quel male. Fu una delle motivazioni che lo portarono ad entrare in seminario, per capire come "confortare se stesso e gli altri". Nel 1946 venne ordinato sacerdote e cominciò a Cracovia la sua opera pastorale, affiancandola all'insegnamento. Nel 1956 divenne vescovo di Cracovia, nel 1964 arcivescovo della stessa città, e nel 1967 cardinale, nominato da Papa Paolo VI. Prese parte anche al Concilio Vaticano II, collaborando alla stesura di alcuni documenti.




Nel 1978, dopo la morte di Paolo VI, giunse a Roma per prendere parte al Conclave che avrebbe visto la salita al soglio pontificio di Papa Giovanni Paolo I, Papa Luciani, da lui molto apprezzato e stimato.
Tanto è vero che, alla notizia della sua improvvisa morte - avvenuta il 28 settembre dello stesso anno, dopo soli trentatré giorni di pontificato - rimase molto scosso e affranto.
Dovette dunque nuovamente recarsi in Vaticano, per il secondo Conclave. Quello che, all'ottavo scrutinio, portò alla sua elezione. Fu un evento straordinario. In un periodo come quello, fatto di lotte sociali, stragi, delitti politici, l'elezione di quel Pontefice giovanissimo (aveva solo 58 anni), di nazionalità polacca, dal volto rotondo e lo sguardo azzurro come il cielo, venne accolta come un  forte segno di speranza. Scelse di chiamarsi Giovanni Paolo II, per ricordare il suo predecessore e dare un segno di continuità.
Proprio come quest'ultimo avrebbe voluto fare, Papa Wojtyla, per la prima volta nella storia della Chiesa, si affacciò alla loggia, per salutare i fedeli in Piazza San Pietro, subito dopo l'elezione. Si rivolse alla folla con il "tu" e non più con il pluralia maiestatis (il noi), ed abbandonò molte componenti del tradizionale abbigliamento papale, in conformità con le disposizioni del Concilio.
Va detto anche che fu un Papa molto conservatore. Si oppose con forza all'aborto e alla pratica della eutanasia, e confermò sia il celibato sacerdotale che l'opposizione al sacerdozio femminile.
Ma fu in assoluto il Papa che compì più viaggi. Cominciò con Assisi, pochi giorni dopo il suo insediamento. Passò poi alle chiese della Diocesi di Roma e visitò anche molte città italiane.
 Ma numerosi furono le sue missioni pastorali all'estero, totalizzando lungo il suo lungo pontificato ben 104 viaggi.




Wojtyla fu anche  il primo ad aprire un dialogo diretto con i giovani, proprio come faceva coi suoi studenti, da giovane insegnante. Nel 1983 istituì la Giornata Mondiale della Gioventù (GMG). Da allora in poi, ogni quattro anni, ciascun Pontefice incontra i giovani ed ogni volta in una diversa città del mondo.
La sua parola d'ordine è sempre stata l'amore: la salvezza, per lui, stava in quello. Quel sentimento che unisce e lega tutti. Infatti, Papa Giovanni Paolo II mostrò una forte apertura verso le altre Chiese, specialmente quella Ortodossa ed Islamica.


Il suo "grande amore", però, si sa, era lo sport. Nuoto, canottaggio, sci furono gli sport praticati da Wojtyla, anche dopo l'elezione e fin quando la salute glielo permise. La montagna era la sua grande passione. Indimenticabile resta la sua "fuga" sull'Adamello per sciare con l'amico Presidente Pertini.
La sua affabilità, questo suo voler stare tra la gente, tra i suoi fedeli, lo portarono anche a rischiare la vita. Subì ben due attentati. Il primo, il 13 maggio 1981, in piazza San Pietro, quando venne ferito da tre proiettili da parte del killer turco Mehmet Ali Agca. Il secondo, un anno dopo, a Fatima, quando venne colpito di striscio da una baionetta, prima che l'attentatore venisse fermato dalla sicurezza.
Ma questo non lo intimorì affatto. Continuò a parlare, ad esprimere con chiarezza la sua opinione, a lottare contro il male. Lottò apertamente contro il Comunismo, senza dimenticare mai il dramma vissuto dalla sua gente, in Polonia.
Si schierò apertamente contro la Mafia: nel 1993 nella Valle dei Templi, ad Agrigento, in un momento critico per la Sicilia ebbe il coraggio di scagliarsi contro la malavita gridando un "convertitevi", pieno di dolore e di rabbia.
La sua salute però, col passare degli anni, si compromise. Subì diversi interventi, tra cui un'operazione al femore che lo costrinse a camminare col bastone - senza tuttavia impedirgli comunque di viaggiare e svolgere le sue funzioni pastorali.
 Successivamente si ammalò anche di Parkinson. Fecero poi comparsa dolori articolari, problemi di artrosi. Il 1 febbraio 2005 venne ricoverato al Policlinico Gemelli di Roma. Il 27 marzo successivo, Domenica di Pasqua, si affacciò alla loggia - ma per poco tempo - per salutare i fedeli presenti a San Pietro. Ormai sentiva che la vita gli stava sfuggendo dalle mani.
Fu così che, Il 2 aprile del 2005, Giovanni Paolo II morì, lasciando sgomenta l'Italia ed il mondo intero. I suoi funerali furono trasmessi in diretta tv. Roma fu completamente blindata ed in diverse piazze della città fu possibile assistere ai funerali grazie a dei maxischermi appositamente collocati. Milioni di persone, provenienti da tutto il mondo, erano lì, a rendergli omaggio.
Era il ringraziamento per quanto aveva fatto, in ventisei anni di pontificato. Era il Papa che ci aveva tirato fuori dai bui "anni di piombo". Il Papa che aveva contribuito con gesti e parole alla caduta del Regime Comunista che affliggeva i paesi dell'Est. Il Papa che ci aveva traghettato nel nuovo millennio col Giubileo del 2000, infondendoci fiducia e speranza verso il futuro. Il fatto che, a pochi anni dalla sua morte, sia stato già Canonizzato e Beatificato, la dice lunga sulla sua importanza per la Chiesa, ma soprattutto per la sua gente. La stessa gente che ha sempre ammirato la sua forza, la sua tenacia, derivante sì dalla Fede, ma soprattutto dalla fiducia nell'uomo. Credo che oggi, in un periodo difficoltoso come quello in cui stiamo vivendo, a chi chiedesse un conforto, a chi fosse preoccupato per l'avvenire, Papa Wojtyla, con la sua voce dolce e il suo sguardo da "nonno buono" risponderebbe: "Non abbiate paura del futuro, perché il futuro siete voi!".

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