ADDIO A VENANTINO VENANTINI: LA "PENNELLATA" CHE FA LA DIFFERENZA
Quando un film piace, quando ha successo, il merito è senza dubbio del regista e dello sceneggiatore: sta a loro individuare la storia giusta e metterla in piedi. Il grande merito, però, va agli attori. Sono loro a dar forma alla storia, rendendo vivi e verosimili dialoghi e personaggi dattiloscritti su un copione.
E quando parlo di attori, mi riferisco a tutti. Dai protagonisti fino alle comparse, anche quelle che appaiono per pochi secondi in una scena o recitano soltanto qualche battuta. Ed è proprio con un ruolo del genere che, nel 1953, Venantino Venantini - attore marchigiano, scomparso oggi all'età di ottantotto anni - si affacciò al cinema. La pellicola era una simpatica commedia di Steno, "Un giorno in pretura", col mitico Peppino De Filippo ed Alberto Sordi.
Alto, smilzo, prestante, ha interpretato il suo primo "vero" ruolo in "Odissea nuda" di Franco Rossi, nel 1961, per poi prendere parte a circa centocinquanta film ed anche a qualche sceneggiato televisivo.
La sua presenza in scena, nella gran parte dei film, era limitata a poche scene o battute, ma in grado di dare un senso a tutto il resto.
Per me, eccezionale è la sua comparsa nel burrascoso ed esilarante inizio de "La moglie del prete" di Dino Risi (1971). Lì, interpretava Maurizio che, in un intrepido inseguimento terminato in una "corrida automobilistica", rischia di essere investito ed ucciso da Valeria (Sophia Loren) che aveva appena scoperto che lui - l'uomo che amava - era in realtà già sposato, e che poi troverà "consolazione" nella "Voce Amica" di don Mario (Marcello Mastroianni).
Ma Venantino era un artista completo. Oltre a fare l'attore, infatti, si dilettava anche nella pittura, altra sua passione, prendendo parte anche a concorsi e mostre.
Ebbene, forse proprio la pittura potrebbe aiutarci a definire più compiutamente il suo ruolo.
Si potrebbe paragonarlo, infatti, a quelle pennellate di ritocco, quei "puntini", quelle "lineette", a volte impercettibili, ma necessarie per completare il quadro.
E nel complesso del "nostro" cinema - e non solo - Venantino Venantini è stato un po' come quelle pennellate: ha fatto la differenza.
Quando un film piace, quando ha successo, il merito è senza dubbio del regista e dello sceneggiatore: sta a loro individuare la storia giusta e metterla in piedi. Il grande merito, però, va agli attori. Sono loro a dar forma alla storia, rendendo vivi e verosimili dialoghi e personaggi dattiloscritti su un copione.
E quando parlo di attori, mi riferisco a tutti. Dai protagonisti fino alle comparse, anche quelle che appaiono per pochi secondi in una scena o recitano soltanto qualche battuta. Ed è proprio con un ruolo del genere che, nel 1953, Venantino Venantini - attore marchigiano, scomparso oggi all'età di ottantotto anni - si affacciò al cinema. La pellicola era una simpatica commedia di Steno, "Un giorno in pretura", col mitico Peppino De Filippo ed Alberto Sordi.
Alto, smilzo, prestante, ha interpretato il suo primo "vero" ruolo in "Odissea nuda" di Franco Rossi, nel 1961, per poi prendere parte a circa centocinquanta film ed anche a qualche sceneggiato televisivo.
La sua presenza in scena, nella gran parte dei film, era limitata a poche scene o battute, ma in grado di dare un senso a tutto il resto.
Per me, eccezionale è la sua comparsa nel burrascoso ed esilarante inizio de "La moglie del prete" di Dino Risi (1971). Lì, interpretava Maurizio che, in un intrepido inseguimento terminato in una "corrida automobilistica", rischia di essere investito ed ucciso da Valeria (Sophia Loren) che aveva appena scoperto che lui - l'uomo che amava - era in realtà già sposato, e che poi troverà "consolazione" nella "Voce Amica" di don Mario (Marcello Mastroianni).
Ma Venantino era un artista completo. Oltre a fare l'attore, infatti, si dilettava anche nella pittura, altra sua passione, prendendo parte anche a concorsi e mostre.
Ebbene, forse proprio la pittura potrebbe aiutarci a definire più compiutamente il suo ruolo.
Si potrebbe paragonarlo, infatti, a quelle pennellate di ritocco, quei "puntini", quelle "lineette", a volte impercettibili, ma necessarie per completare il quadro.
E nel complesso del "nostro" cinema - e non solo - Venantino Venantini è stato un po' come quelle pennellate: ha fatto la differenza.
Commenti
Posta un commento