TIZIANO TERZANI: "IL VERO MAESTRO È DENTRO DI NOI"
Un uomo anziano vestito di bianco, dal volto segnato, cordiale e riflessivo, incorniciato da una folta barba bianca. A vederlo ritratto così, in una delle sue ultime foto, sembra un incrocio tra un filosofo greco e un vecchio samurai giapponese. Eppure Tiziano Terzani - giornalista e scrittore - era italianissimo. Nacque il 14 settembre di ottant'anni fa a Firenze: la città di Dante, dove il profumo dell'arte e della cultura si mescola a quello del "Chianti" e dei fagioli all'uccelletto.
Ma una città così non poteva non spronare un animo sensibile ed avido di conoscenza come il suo. Certo, le prospettive non erano delle migliori. La sua famiglia era modesta: suo padre faceva il meccanico e sua madre lavorava come commessa in una cappelleria. Ma, probabilmente, il suo destino, quello che ha cercato in lungo ed in largo per il mondo, era già stato scritto.
Con tanti sacrifici si diplomò al liceo classico. Rifiutò un lavoro alla Banca Toscana per proseguire con l'università, alla Normale di Pisa.
Dopo la laurea, sposò la sua fidanzata Angela Staude e venne assunto come manager presso la Olivetti di Ivrea. Furono cinque anni di viaggi, tra Europa, Asia ed Africa.
Capì ben presto che questa era la sua vita: viaggiare, conoscere persone, luoghi, usanze e descrivere ciò che vedeva. Si era affacciato al giornalismo da ragazzino, quando seguiva le gare podistiche per il quotidiano fiorentino "Giornale del Mattino", diretto da Ettore Bernabei - futuro dirigente Rai. Soltanto allora, però, prese consapevolezza di ciò che davvero desiderava.
Vinse una borsa di studio che lo portò negli Stati Uniti: prima a New York, poi in California, dove alla Stanford University studiò il cinese. Nel 1969 entrò come praticante a "Il Giorno". Ma capì che non era quello il posto giusto. Lui voleva fare il corrispondente, girare il mondo e raccontarlo a chi non poteva visitarlo tutto. L'occasione arrivò con il settimanale amburghese "Der Spiegel", col quale cominciò a collaborare come freelance occupandosi del Sud-Est Asiatico. Grande successo avevano avuto i suoi reportage - redatti quando ancora lavorava per la Olivetti - sull'apartheid, in Sudafrica, pubblicati sul settimanale "L'astrolabio". Si lanciò così all'avventura, alla ricerca di luoghi da raccontare, persone da conoscere e quesiti a cui dare una risposta.
Perché Terzani, prima di tutto, faceva tutto ciò per se stesso: per capire meglio la natura delle cose ma anche per capirsi meglio.
Non erano semplici cronache di viaggio, elaborati giornalistici. Dentro quei testi e quelle parole c'era molto di più: curiosità, emozione, confronto culturale, indagini interiori.
Viaggi compiuti con l'anima, prima ancora che con i piedi.
Tutto ciò è ancora vivo e presente, nelle sue opere: da "Pelle di leopardo" del 1973 - in cui raccontò la guerra del Vietnam - fino all'ultima, "Un altro giro di giostra" del 2004, uscito pochi mesi prima della sua morte - avvenuta a causa di un tumore all'intestino.
L'ultima impresa furono i 180 giorni passati sull'Himalaya, ancora in cerca di risposte ai suoi interrogativi.
L'Asia e l'India furono gli ultimi luoghi in cui soggiornò. La sua vita, però, si concluse nella sua toscana, tra le montagne pistoiesi, ad Orsigna. Forse un modo per ricongiungersi con la sua terra, dopo mille peregrinazioni.
Ci sono molti aforismi di Terzani, conosciuti da tutti. "Finirai per trovarla la via, se prima hai il coraggio di perderti", è il mio preferito e non credo ci sia bisogno di esplicitarne il senso.
Credo però che l'insegnamento più grande che ci ha lasciato è il credere in noi stessi e nelle proprie potenzialità. A volte cerchiamo risposte al di fuori di noi, quando invece tutto ciò che dovremmo sapere è alla nostra portata. "Il vero maestro è dentro di noi", scrisse infatti Terzani. E se ce lo ha detto chi, per scoprirlo, ha dovuto girare tutto il mondo, possiamo fidarci.
Un uomo anziano vestito di bianco, dal volto segnato, cordiale e riflessivo, incorniciato da una folta barba bianca. A vederlo ritratto così, in una delle sue ultime foto, sembra un incrocio tra un filosofo greco e un vecchio samurai giapponese. Eppure Tiziano Terzani - giornalista e scrittore - era italianissimo. Nacque il 14 settembre di ottant'anni fa a Firenze: la città di Dante, dove il profumo dell'arte e della cultura si mescola a quello del "Chianti" e dei fagioli all'uccelletto.
Ma una città così non poteva non spronare un animo sensibile ed avido di conoscenza come il suo. Certo, le prospettive non erano delle migliori. La sua famiglia era modesta: suo padre faceva il meccanico e sua madre lavorava come commessa in una cappelleria. Ma, probabilmente, il suo destino, quello che ha cercato in lungo ed in largo per il mondo, era già stato scritto.
Con tanti sacrifici si diplomò al liceo classico. Rifiutò un lavoro alla Banca Toscana per proseguire con l'università, alla Normale di Pisa.
Dopo la laurea, sposò la sua fidanzata Angela Staude e venne assunto come manager presso la Olivetti di Ivrea. Furono cinque anni di viaggi, tra Europa, Asia ed Africa.
Capì ben presto che questa era la sua vita: viaggiare, conoscere persone, luoghi, usanze e descrivere ciò che vedeva. Si era affacciato al giornalismo da ragazzino, quando seguiva le gare podistiche per il quotidiano fiorentino "Giornale del Mattino", diretto da Ettore Bernabei - futuro dirigente Rai. Soltanto allora, però, prese consapevolezza di ciò che davvero desiderava.
Vinse una borsa di studio che lo portò negli Stati Uniti: prima a New York, poi in California, dove alla Stanford University studiò il cinese. Nel 1969 entrò come praticante a "Il Giorno". Ma capì che non era quello il posto giusto. Lui voleva fare il corrispondente, girare il mondo e raccontarlo a chi non poteva visitarlo tutto. L'occasione arrivò con il settimanale amburghese "Der Spiegel", col quale cominciò a collaborare come freelance occupandosi del Sud-Est Asiatico. Grande successo avevano avuto i suoi reportage - redatti quando ancora lavorava per la Olivetti - sull'apartheid, in Sudafrica, pubblicati sul settimanale "L'astrolabio". Si lanciò così all'avventura, alla ricerca di luoghi da raccontare, persone da conoscere e quesiti a cui dare una risposta.
Perché Terzani, prima di tutto, faceva tutto ciò per se stesso: per capire meglio la natura delle cose ma anche per capirsi meglio.
Non erano semplici cronache di viaggio, elaborati giornalistici. Dentro quei testi e quelle parole c'era molto di più: curiosità, emozione, confronto culturale, indagini interiori.
Viaggi compiuti con l'anima, prima ancora che con i piedi.
Tutto ciò è ancora vivo e presente, nelle sue opere: da "Pelle di leopardo" del 1973 - in cui raccontò la guerra del Vietnam - fino all'ultima, "Un altro giro di giostra" del 2004, uscito pochi mesi prima della sua morte - avvenuta a causa di un tumore all'intestino.
L'ultima impresa furono i 180 giorni passati sull'Himalaya, ancora in cerca di risposte ai suoi interrogativi.
L'Asia e l'India furono gli ultimi luoghi in cui soggiornò. La sua vita, però, si concluse nella sua toscana, tra le montagne pistoiesi, ad Orsigna. Forse un modo per ricongiungersi con la sua terra, dopo mille peregrinazioni.
Ci sono molti aforismi di Terzani, conosciuti da tutti. "Finirai per trovarla la via, se prima hai il coraggio di perderti", è il mio preferito e non credo ci sia bisogno di esplicitarne il senso.
Credo però che l'insegnamento più grande che ci ha lasciato è il credere in noi stessi e nelle proprie potenzialità. A volte cerchiamo risposte al di fuori di noi, quando invece tutto ciò che dovremmo sapere è alla nostra portata. "Il vero maestro è dentro di noi", scrisse infatti Terzani. E se ce lo ha detto chi, per scoprirlo, ha dovuto girare tutto il mondo, possiamo fidarci.
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