SANDRO PERTINI: "IL" PRESIDENTE DEGLI ITALIANI
"Il presidente, dietro i vetri un po' appannati, fuma la pipa...il presidente pensa solo agli operai sotto la pioggia". Questa frase - tratta dal brano "Sotto la pioggia" di Antonello Venditti - sintetizza in poche parole la personalità del presidente con la p maiuscola, il più ricordato, il più amato - ma anche criticato - di sempre: Sandro Pertini. Sembra quasi di vederlo, proprio dietro una finestra, con la sua amata pipa. Col fumo che sale su a coprirgli il volto, incorniciato da un paio di grossi occhiali oscurati, e caratterizzato da quella espressione seria, onesta, cordiale.
Sono passati ben quarant'anni dalla sua elezione a Presidente della Repubblica, in un anno difficile, qual era il '78: l'apice di un decennio di sangue e stragi.
Le elezioni erano cominciate il 29 giugno, dopo le dimissioni del presidente in carica, Giovanni Leone, appartenente alla Democrazia cristiana.
Pertini venne eletto l' 8 luglio, ed il giorno successivo prestò giuramento, dando subito un segno di cambiamento.
Ricordò Aldo Moro, ritrovato morto esattamente due mesi prima, e mise in evidenza come fosse necessaria una lotta serrata al terrorismo che era divenuto un vero e proprio cancro per il Paese. Inoltre sottolineò come sarebbe stato "il presidente di tutti" per il bene della Repubblica. E così fu.
Dal momento della sua nomina, tutti capirono subito che sarebbe stato diverso dai suoi predecessori: un presidente antifascista, ex combattente, esponente del Psi - in un'Italia che per decenni era stata monopolio della Dc, salvo alcune eccezioni.
Il "partigiano come presidente" a cui si riferiva Toto Cotugno, era lui, Pertini. Medaglia al valore nella Prima Guerra, dove combatté sull'Isonzo. Esponenente di spicco della Resistenza al nazifascismo. Per la sua aperta opposizione al Regime fu confinato, esiliato in Francia. Fu anche arrestato dalle SS e rischiò la vita. Fu membro del CLN, il Comitato di Liberazione Nazionale, organo che diresse i vari gruppi combattenti per liberare l'Italia dai nazisti, dopo l'Armistizio di Cassibile.
Ma fu protagonista anche della nascita della Repubblica. Fu segretario del Psi, deputato dell'Assemblea Costituente. Nel corso degli anni assunse vari incarichi parlamentari, fu Presidente della Camera.
Ma è senz'altro la carriera presidenziale, dal 1978 al 1985, che ne ha fatto una personalità molto amata dagli italiani. Pertini mostrò la sua vicinanza al popolo, senza distinzioni di classe e ceto sociale. Ribaltò completamente gli schemi. Fu il primo presidente a partecipare attivamente alla vita politica, con atti pratici lontani dalle solite consuetudini istituzionali.
All'indomani del terremoto dell'80, che colpì l'Irpinia, fu il primo a mostrare indignazione per il ritardo nei soccorsi, e si recò personalmente nei luoghi colpiti dal sisma per dimostrare alla gente che lui c'era e che avrebbe concretamente fatto il possibile per aiutarli. Condannò apertamente la criminalità organizzata, chiarendo come fosse importante non confondere i mafiosi con tanta brava gente che aveva la sfortuna di vivere in quei luoghi a forte presenza malavitosa.
Ma fu anche il presidente che introdusse "il bacio" della bandiera tricolore, poi divenuta pratica comune per i suoi successori.
Fu il presidente - ateo e socialista - che accompagnò papa Giovanni Paolo II, suo caro amico, a sciare sull'Adamello.
Fu il presidente che esultò sugli spalti dello Stadio Santiago Bernabéu di Madrid, quando l'Italia batté "3-1" la Germania Ovest (il Muro esisteva ancora) divenendo così "campione del mondo" 1982.
Lo stesso presidente che, al ritorno in Italia, in aereo, giocò a carte in coppia con l'allora ct della nazionale Bearzot, contro Dino Zoff e Franco Causio.
In sostanza, Sandro Pertini rimase se stesso anche quando gli fu consegnato in mano lo Stato. Un uomo onesto, retto, a volte burbero, ma in grado di capire i bisogni e le necessità del Paese, in un periodo non facile.
E come tutti i "migliori", se ne andò via in silenzio, nel 1990, con una sobria cerimonia riservata, nonostante lui amasse molto il contatto con la gente. E proprio quella sua sobrietà e quella riservatezza gentile ne hanno fatto indiscutibilmente "il" presidente degli italiani.
"Il presidente, dietro i vetri un po' appannati, fuma la pipa...il presidente pensa solo agli operai sotto la pioggia". Questa frase - tratta dal brano "Sotto la pioggia" di Antonello Venditti - sintetizza in poche parole la personalità del presidente con la p maiuscola, il più ricordato, il più amato - ma anche criticato - di sempre: Sandro Pertini. Sembra quasi di vederlo, proprio dietro una finestra, con la sua amata pipa. Col fumo che sale su a coprirgli il volto, incorniciato da un paio di grossi occhiali oscurati, e caratterizzato da quella espressione seria, onesta, cordiale.
Sono passati ben quarant'anni dalla sua elezione a Presidente della Repubblica, in un anno difficile, qual era il '78: l'apice di un decennio di sangue e stragi.
Le elezioni erano cominciate il 29 giugno, dopo le dimissioni del presidente in carica, Giovanni Leone, appartenente alla Democrazia cristiana.
Pertini venne eletto l' 8 luglio, ed il giorno successivo prestò giuramento, dando subito un segno di cambiamento.
Ricordò Aldo Moro, ritrovato morto esattamente due mesi prima, e mise in evidenza come fosse necessaria una lotta serrata al terrorismo che era divenuto un vero e proprio cancro per il Paese. Inoltre sottolineò come sarebbe stato "il presidente di tutti" per il bene della Repubblica. E così fu.
Dal momento della sua nomina, tutti capirono subito che sarebbe stato diverso dai suoi predecessori: un presidente antifascista, ex combattente, esponente del Psi - in un'Italia che per decenni era stata monopolio della Dc, salvo alcune eccezioni.
Il "partigiano come presidente" a cui si riferiva Toto Cotugno, era lui, Pertini. Medaglia al valore nella Prima Guerra, dove combatté sull'Isonzo. Esponenente di spicco della Resistenza al nazifascismo. Per la sua aperta opposizione al Regime fu confinato, esiliato in Francia. Fu anche arrestato dalle SS e rischiò la vita. Fu membro del CLN, il Comitato di Liberazione Nazionale, organo che diresse i vari gruppi combattenti per liberare l'Italia dai nazisti, dopo l'Armistizio di Cassibile.
Ma fu protagonista anche della nascita della Repubblica. Fu segretario del Psi, deputato dell'Assemblea Costituente. Nel corso degli anni assunse vari incarichi parlamentari, fu Presidente della Camera.
Ma è senz'altro la carriera presidenziale, dal 1978 al 1985, che ne ha fatto una personalità molto amata dagli italiani. Pertini mostrò la sua vicinanza al popolo, senza distinzioni di classe e ceto sociale. Ribaltò completamente gli schemi. Fu il primo presidente a partecipare attivamente alla vita politica, con atti pratici lontani dalle solite consuetudini istituzionali.
All'indomani del terremoto dell'80, che colpì l'Irpinia, fu il primo a mostrare indignazione per il ritardo nei soccorsi, e si recò personalmente nei luoghi colpiti dal sisma per dimostrare alla gente che lui c'era e che avrebbe concretamente fatto il possibile per aiutarli. Condannò apertamente la criminalità organizzata, chiarendo come fosse importante non confondere i mafiosi con tanta brava gente che aveva la sfortuna di vivere in quei luoghi a forte presenza malavitosa.
Ma fu anche il presidente che introdusse "il bacio" della bandiera tricolore, poi divenuta pratica comune per i suoi successori.
Fu il presidente - ateo e socialista - che accompagnò papa Giovanni Paolo II, suo caro amico, a sciare sull'Adamello.
Fu il presidente che esultò sugli spalti dello Stadio Santiago Bernabéu di Madrid, quando l'Italia batté "3-1" la Germania Ovest (il Muro esisteva ancora) divenendo così "campione del mondo" 1982.
Lo stesso presidente che, al ritorno in Italia, in aereo, giocò a carte in coppia con l'allora ct della nazionale Bearzot, contro Dino Zoff e Franco Causio.
In sostanza, Sandro Pertini rimase se stesso anche quando gli fu consegnato in mano lo Stato. Un uomo onesto, retto, a volte burbero, ma in grado di capire i bisogni e le necessità del Paese, in un periodo non facile.
E come tutti i "migliori", se ne andò via in silenzio, nel 1990, con una sobria cerimonia riservata, nonostante lui amasse molto il contatto con la gente. E proprio quella sua sobrietà e quella riservatezza gentile ne hanno fatto indiscutibilmente "il" presidente degli italiani.
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