...PER UN ISTANTE DI FELICITA' !
"La vita è come un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia, passando per l'attimo fuggevolissimo del piacere". Credo sia la perfetta sintesi della vita umana. Arthur Schopenhauer, l'autore di questa massima, aveva capito tutto. La nostra vita - inutile negarlo - è una continua ricerca. Passiamo la vita a cercare. Che cosa? Un po' di tutto. Cominciamo da bambini: appena veniamo al mondo, prima con la voce, poi con i gesti e le parole, cerchiamo di capire cosa ci sia intorno a noi, cerchiamo di esplorare il mondo.
I bambini fanno continue domande, sono curiosi ed un po' incoscienti, non conoscendo, o meglio ignorando il pericolo. Ma, non appena scoprono qualcosa, si annoiano e si mettono subito alla ricerca di altro. I giocattoli ne sono un esempio: tutti i genitori lo sanno. Quando un ragazzino passa davanti ad una vetrina e vede un giocattolo è capace di fare storie e capricci per ore, piangendo fin quando papà e mamma, spesso esasperati, cedono e lo accontentano. Il bambino, però, dopo averci giocato un po', soddisfatto il suo piacere, va subito alla ricerca di un altro balocco, con cui si ripeterà la stessa storia.
È una cosa che capita anche ai grandi. Spesso desideriamo ardentemente qualcosa, faremmo di tutto pur di ottenerla. Soffriamo all'idea di non possederla, ed in questo senso il filosofo parlava di "dolore". Poi, magari la otteniamo, e presto fatto abbiamo soddisfatto il nostro piacere, ma è solo un attimo. Ben presto, non ci basterà più, ci verrà a noia, proprio come con i giocattoli da bambini. E così se ne passa la vita.
Ed è anche questo che spiega "l'amore per la sofferenza" che ci attanaglia, e che con quella frase Schopenhauer - secondo me - aveva colto nel segno. Spesso viviamo nell'attesa di qualcosa che non arriva.
Passiamo il tempo nella speranza che arrivi il momento giusto, ma quel momento non arriva mai.
L'unica cosa che ci dà sollievo, è proprio quell'attesa. "L'attesa del piacere è essa stessa piacere", ci ricorda Shakespeare. Proprio questa è la nostra gioia.
Il vero godimento sta in quell'attesa che anticipa la realizzazione del nostro desiderio. Alla fine quel momento può arrivare o meno, ma è mentre aspettiamo che ciò si realizzi che ci sentiamo davvero realizzati. Nel momento esatto in cui tutto finisce, subentra la noia.
Voi direte, chi ce lo fa fare allora? Ma il punto è: cosa ci resterebbe in alternativa, se non la noia stessa? La calma piatta? Un mare placido, immobile, senza neanche un'onda.
"La cosa più bella del mondo è la tranquillità" diceva Periandro, filosofo del V secolo, uno dei "Sette Savi". Ma la tranquillità, dopo un po', stanca. La quiete logora. Per questo preferiamo buttarci, illuderci, credendo in qualcosa, anche a rischio di star male, piuttosto che abbandonarci alla noia di un "nulla" per niente appetibile.
Secondo me sarebbe d'accordo anche Schopenhauer: meglio sopportare il "dolore" per un attimo di felicità, che abbandonarsi ad una noia eterna!
"La vita è come un pendolo che oscilla tra il dolore e la noia, passando per l'attimo fuggevolissimo del piacere". Credo sia la perfetta sintesi della vita umana. Arthur Schopenhauer, l'autore di questa massima, aveva capito tutto. La nostra vita - inutile negarlo - è una continua ricerca. Passiamo la vita a cercare. Che cosa? Un po' di tutto. Cominciamo da bambini: appena veniamo al mondo, prima con la voce, poi con i gesti e le parole, cerchiamo di capire cosa ci sia intorno a noi, cerchiamo di esplorare il mondo.
I bambini fanno continue domande, sono curiosi ed un po' incoscienti, non conoscendo, o meglio ignorando il pericolo. Ma, non appena scoprono qualcosa, si annoiano e si mettono subito alla ricerca di altro. I giocattoli ne sono un esempio: tutti i genitori lo sanno. Quando un ragazzino passa davanti ad una vetrina e vede un giocattolo è capace di fare storie e capricci per ore, piangendo fin quando papà e mamma, spesso esasperati, cedono e lo accontentano. Il bambino, però, dopo averci giocato un po', soddisfatto il suo piacere, va subito alla ricerca di un altro balocco, con cui si ripeterà la stessa storia.
È una cosa che capita anche ai grandi. Spesso desideriamo ardentemente qualcosa, faremmo di tutto pur di ottenerla. Soffriamo all'idea di non possederla, ed in questo senso il filosofo parlava di "dolore". Poi, magari la otteniamo, e presto fatto abbiamo soddisfatto il nostro piacere, ma è solo un attimo. Ben presto, non ci basterà più, ci verrà a noia, proprio come con i giocattoli da bambini. E così se ne passa la vita.
Ed è anche questo che spiega "l'amore per la sofferenza" che ci attanaglia, e che con quella frase Schopenhauer - secondo me - aveva colto nel segno. Spesso viviamo nell'attesa di qualcosa che non arriva.
Passiamo il tempo nella speranza che arrivi il momento giusto, ma quel momento non arriva mai.
L'unica cosa che ci dà sollievo, è proprio quell'attesa. "L'attesa del piacere è essa stessa piacere", ci ricorda Shakespeare. Proprio questa è la nostra gioia.
Il vero godimento sta in quell'attesa che anticipa la realizzazione del nostro desiderio. Alla fine quel momento può arrivare o meno, ma è mentre aspettiamo che ciò si realizzi che ci sentiamo davvero realizzati. Nel momento esatto in cui tutto finisce, subentra la noia.
Voi direte, chi ce lo fa fare allora? Ma il punto è: cosa ci resterebbe in alternativa, se non la noia stessa? La calma piatta? Un mare placido, immobile, senza neanche un'onda.
"La cosa più bella del mondo è la tranquillità" diceva Periandro, filosofo del V secolo, uno dei "Sette Savi". Ma la tranquillità, dopo un po', stanca. La quiete logora. Per questo preferiamo buttarci, illuderci, credendo in qualcosa, anche a rischio di star male, piuttosto che abbandonarci alla noia di un "nulla" per niente appetibile.
Secondo me sarebbe d'accordo anche Schopenhauer: meglio sopportare il "dolore" per un attimo di felicità, che abbandonarsi ad una noia eterna!
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