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DONNE CHE HANNO DETTO NO E CONTINUANO A FARLO

Legge 194: lo Stato italiano concede alle donne (maggiorenni) la possibilità di interrompere la propria gravidanza. Era il 22 maggio del 1978. Si coglieva il frutto di una dura battaglia, politica e sociale, promossa dai radicali di Marco Pannella e appoggiata dai maggiori partiti di sinistra. Il culmine di una rivoluzione che caratterizzò a fondo quel decennio: gli anni '70.
L'interruzione volontaria di gravidanza era l'ennesima conquista di un ormai rodato (e tutt'ora incompleto) processo di emancipazione femminile.


Erano cambiate molte cose. La donna col grembiule, che prepara il "doppio brodo" Star e sogna la lavatrice, apparteneva al passato. Quella era la società delle madri: le figlie sognavano altro.
Fino agli anni '50, la donna aveva un destino segnato. Appena nata una figlia, ogni genitore sapeva già cosa gli toccava fare: preoccuparsi del suo avvenire. Un matrimonio con un bel giovane, magari con una buona posizione economica, dei figli da crescere ed una casa di cui occuparsi. Era questa la sola prospettiva di ogni donna. Era stato sempre così. La donna si identificava col ruolo di madre e di moglie. Madre esemplare e moglie fedele e rispettosa del marito. Perché non si scherza. Allora, la legge italiana ammetteva il "delitto d'onore": mia moglie mi tradisce? La uccido? Nessun problema, la legge mi garantisce tutti i benefici, perché ho agito d'impulso e per difendere il mio onore e quello della mia famiglia. Tutto risolto.
Sembra assurdo, roba da società medievale, eppure l'art. 587, che regolamentava questo tipo di delitto, è stato abolito solo nel 1981.
Inoltre, ogni rapporto prima del matrimonio era assolutamente vietato. Le donne dovevano conservarsi "pure" fino al matrimonio. Guai sgarrare. Si finiva per rimanere zitelle a vita: "le disonorate" non se le sposava nessuno. Se una figlia rimaneva incinta, il padre doveva subito ricorrere ad un "matrimonio riparatore", altrimenti era "persa" per sempre
Questo era il vademecum, il libretto di istruzioni delle donne "per bene": un matrimonio, dei figli ed una famiglia rispettabile. La casa era il loro mondo, il loro rifugio. La vita "fuori" non faceva per loro.
Ma, nella seconda metà degli anni '60, tutto cambiò. C'era la cosiddetta "contestazione". I giovani si ribellavano: volevano cambiare la società in cui vivevano - arcaica e bigotta - per creare un mondo nuovo, in cui tutti fossero liberi e uguali. Tra questi giovani, c'erano anche le donne.
Erano stanche di dover dipendere tutta la vita da qualcuno: prima dal padre, poi dal marito e - anche - dai figli. Basta esser considerate come delle serve, buone solo a cucinare, sfornare figli e magari   anche a sopportare le "scappatelle" del marito.
Volevano essere libere di decidere per sé : il matrimonio, i figli, devono essere delle scelte, libere. Chi vuole, può farlo. Ma quelle che desiderano altro, perché non dovrebbero seguire i propri sogni? Il mondo è pieno di opportunità.
Così, le ragazze cominciarono a frequentare le università, uscivano da sole, frequentavano locali.
C'era chi scappava di casa, alla ricerca di un lavoro e della propria strada. Chi sceglieva da sola il proprio fidanzato, senza neanche presentarlo in casa, come era prassi fino a qualche anno prima. Facevano le proprie "esperienze" in maniera più cosciente delle loro madri, prendevano la pillola.
In questo contesto anche la società si adeguava al cambiamento. Nel 1970 venne approvata la legge sul divorzio. Il matrimonio, vincolo sacro ed inviolabile, apparteneva al passato. Addio al "finché morte non ci separi". Roba vecchia, superata!
Anche "i figli della colpa" non erano più un problema. Basta ragazze madri o "matrimoni riparatori". La donna doveva essere libera, anche del proprio corpo. Ed ecco anche l'aborto riconosciuto legalmente. La legge 194 segnava anche la fine di un incubo per molte donne. Fino a quel momento, l'interruzione di gravidanza era un reato per il codice penale, punibile col carcere. Così, per poter abortire, oltre a necessitare di molti contanti, bisognava ricorrere alle "mammane", donne specializzate in questi interventi - con tecniche chirurgiche più da mattatoio che da sala operatoria. Non sono state poche le donne, anche giovanissime, ad aver pagato le dolorose conseguenze di questa scelta, anche con la morte.
La conquista fu talmente importante  che a nulla valse il referendum abrogativo, nel 1981: il numero dei NO lo confermò, così come era stato per il divorzio, nel 1974.
Sono passati ben quattro decenni da allora. Oggi, secondo le statistiche, il numero degli aborti è calato, mentre è aumentato quello degli "obiettori", i medici che si rifiutano di praticare l'intervento. Qualunque sia il nostro pensiero, non si può negare l'importanza storica, il cambiamento prodotto anche grazie a questa legge. Ne è passata di acqua sotto i ponti da quegli anni '70. A giudicare dai fatti di cronaca recente, c'è ancora tanta strada da fare. Se però, oggi, essere femmina non corrisponde più ad una condizione di inferiorità, il merito è tutto loro. Delle donne che hanno avuto il coraggio di dire no e continuano a farlo, anche con leggi come questa.

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