LA GABBIANELLA E IL GATTO : IL PRIMO LIBRO, NON SI SCORDA MAI
Ho cominciato a leggere, credo, abbastanza tardi. Diciamo che sono diventato un assiduo lettore
soltanto dopo i 15 anni. Da piccolo, quando andavo ancora all'asilo, mi piacevano molto le favole e
spesso chiedevo ai miei genitori di leggermene una. Le mie favole preferite, in assoluto, erano " Il
soldatino di piombo " e " Peter Pan ". Chissà se i bambini di oggi le conoscono?
Ricordo ancora la mia valigetta in pelle, in cui conservavo gelosamente tutti i libri che avevo e che
dovrei ancora avere, nascosti da qualche parte.
Però, appunto, mi piaceva ascoltare più che leggere. Volevo qualcuno che me le narrasse, mentre io
potevo starmene lì in ascolto, immaginando le varie scene nella mia testa. Perché questo sì, lavorare
di fantasia mi è sempre piaciuto, fin da piccolissimo. Era un modo per estraniarmi da tutto e tutti e
stare solo con me stesso. Lo faccio ancora adesso.
Passata, però, la "fase fiabesca", mentre molti miei compagni di scuola già si dilettavano nella lettura
di romanzi per ragazzi, io preferivo altri passatempi ai libri.
Complice, senz'altro, l'odio che provavo per la scuola. Già erano tanti i libri scolastici da studiare.
Non avevo alcuna intenzione di spendere il poco tempo libero che avevo leggendone degli altri. Era
come darsi la zappa sui piedi da soli.
Però, come diceva mio padre e aveva ragione, probabilmente ero troppo piccolo per poter
comprendere l'importanza della lettura, come di tante altre cose. Lo dice anche Seneca, in una frase
divenuta un noto aforisma : " C'è un tempo per tutto" e probabilmente per me non era quello.
Il mio tempo, però, era destinato ad arrivare e giunse sotto forma di "ricatto".
Difatti, il mio primo libro l'ho letto a 11-12 anni e l'ho fatto perché vincolato ad un " do ut des" : se
avessi letto quel libro, avrei avuto in cambio un regalo.Tanto bastò a spronarmi.
Sapevo, anche, di essere facilitato nella lettura in quanto, dal libro, era stato tratto un cartone
animato che, nell'ormai preistorica VHS (videocassetta), avevo visto e rivisto centinaia di volte.
Il cartone era " La gabbianella e il gatto ", tratto dal romanzo "Storia di una gabbianella e del gatto
che le insegnò a volare ", dello scrittore cileno Luis Sepùlveda. Per chi non lo sapesse, il romanzo,
ambientato ad Amburgo, racconta di un gatto di nome Zorba che, in virtù di una promessa fatta, in
punto di morte, ad una gabbiana, cova il suo uovo, fa nascere il pulcino ( la gabbianella) e, insieme
ai suoi amici felini, la alleva, insegnandole anche a volare.
Fu così che, come un bravo mercenario, decisi che valeva la pena compiere l'immane sforzo di
leggere quel libro in cambio del sospirato premio: un modellino d'auto da collezionare, che conservo
tuttora. Lessi il libro in brevissimo tempo e, per quanto ricordo, non accusai forte fatica, anzi, lo
terminai presto.
Passò qualche tempo prima di leggere un secondo libro, ma, da allora, non mi sono più fermato.
Se però non avessi rotto il ghiaccio con "La gabbianella ed il gatto" non sarei mai arrivato, forse, a
leggere Sciascia, Pavese, Flaubert, Cassola, Pirandello, De Crescenzo arrivando, lo scorso anno, a
leggere 25 libri che per un uomo, a quanto dicono le statistiche, è un traguardo notevole.
Devo tutto, insomma, al "gatto nero grande e grosso", Zorba. Grazie a lui ho imparato anche io a
volare. Planando, senza sosta, di pagina in pagina, di libro in libro, senza più riuscire a farne a meno,
scoprendo sempre nuovi orizzonti e sviluppando sempre di più la mia innata fantasia e la mia
creatività.
Ho cominciato a leggere, credo, abbastanza tardi. Diciamo che sono diventato un assiduo lettore
soltanto dopo i 15 anni. Da piccolo, quando andavo ancora all'asilo, mi piacevano molto le favole e
spesso chiedevo ai miei genitori di leggermene una. Le mie favole preferite, in assoluto, erano " Il
soldatino di piombo " e " Peter Pan ". Chissà se i bambini di oggi le conoscono?
Ricordo ancora la mia valigetta in pelle, in cui conservavo gelosamente tutti i libri che avevo e che
dovrei ancora avere, nascosti da qualche parte.
Però, appunto, mi piaceva ascoltare più che leggere. Volevo qualcuno che me le narrasse, mentre io
potevo starmene lì in ascolto, immaginando le varie scene nella mia testa. Perché questo sì, lavorare
di fantasia mi è sempre piaciuto, fin da piccolissimo. Era un modo per estraniarmi da tutto e tutti e
stare solo con me stesso. Lo faccio ancora adesso.
Passata, però, la "fase fiabesca", mentre molti miei compagni di scuola già si dilettavano nella lettura
di romanzi per ragazzi, io preferivo altri passatempi ai libri.
Complice, senz'altro, l'odio che provavo per la scuola. Già erano tanti i libri scolastici da studiare.
Non avevo alcuna intenzione di spendere il poco tempo libero che avevo leggendone degli altri. Era
come darsi la zappa sui piedi da soli.
Però, come diceva mio padre e aveva ragione, probabilmente ero troppo piccolo per poter
comprendere l'importanza della lettura, come di tante altre cose. Lo dice anche Seneca, in una frase
divenuta un noto aforisma : " C'è un tempo per tutto" e probabilmente per me non era quello.
Il mio tempo, però, era destinato ad arrivare e giunse sotto forma di "ricatto".
Difatti, il mio primo libro l'ho letto a 11-12 anni e l'ho fatto perché vincolato ad un " do ut des" : se
avessi letto quel libro, avrei avuto in cambio un regalo.Tanto bastò a spronarmi.
Sapevo, anche, di essere facilitato nella lettura in quanto, dal libro, era stato tratto un cartone
animato che, nell'ormai preistorica VHS (videocassetta), avevo visto e rivisto centinaia di volte.
Il cartone era " La gabbianella e il gatto ", tratto dal romanzo "Storia di una gabbianella e del gatto
che le insegnò a volare ", dello scrittore cileno Luis Sepùlveda. Per chi non lo sapesse, il romanzo,
ambientato ad Amburgo, racconta di un gatto di nome Zorba che, in virtù di una promessa fatta, in
punto di morte, ad una gabbiana, cova il suo uovo, fa nascere il pulcino ( la gabbianella) e, insieme
ai suoi amici felini, la alleva, insegnandole anche a volare.
Fu così che, come un bravo mercenario, decisi che valeva la pena compiere l'immane sforzo di
leggere quel libro in cambio del sospirato premio: un modellino d'auto da collezionare, che conservo
tuttora. Lessi il libro in brevissimo tempo e, per quanto ricordo, non accusai forte fatica, anzi, lo
terminai presto.
Passò qualche tempo prima di leggere un secondo libro, ma, da allora, non mi sono più fermato.
Se però non avessi rotto il ghiaccio con "La gabbianella ed il gatto" non sarei mai arrivato, forse, a
leggere Sciascia, Pavese, Flaubert, Cassola, Pirandello, De Crescenzo arrivando, lo scorso anno, a
leggere 25 libri che per un uomo, a quanto dicono le statistiche, è un traguardo notevole.
Devo tutto, insomma, al "gatto nero grande e grosso", Zorba. Grazie a lui ho imparato anche io a
volare. Planando, senza sosta, di pagina in pagina, di libro in libro, senza più riuscire a farne a meno,
scoprendo sempre nuovi orizzonti e sviluppando sempre di più la mia innata fantasia e la mia
creatività.
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