LA FORMA E' SOSTANZA : UN VALORE PERDUTO
Fino alla seconda metà del secolo scorso, quasi tutti i mestieri, generalmente pubblici, prevedevano la divisa. Dallo spazzino al tranviere, dal portalettere all'usciere. Generalmente, quasi tutti portavano un berretto rigido, tipo quello in dotazione alle forze dell'ordine. Poi, c'era chi aveva una vera e propria divisa, composta da giacca, pantaloni e cravatta, come ad esempio i tranvieri. Oppure un camice, come nel caso degli spazzini o del tassista e del vetturino.
C'era il culto della forma che è andato perduto. Tutti gli impiegati, persino in estate, portavano la giacca. Anche professioni con mansioni poco "gentili" ci tenevano all'immagine. Basti pensare che, anche i salumieri e i bottegai, sotto il camice, portavano la cravatta. "Vestirsi bene" contava molto. Anche al di fuori dell'ambito lavorativo. All'interno delle famiglie italiane, ad esempio, a partire dai nipoti fino ad arrivare al nonno, tutti avevano il famoso " vestito buono". Diffusissimo al sud, era un completo, di solito scuro, utilizzato per le occasioni solenni: la messa domenicale, le uscite serali, oppure ricorrenze particolari come matrimoni, battesimi, comunioni. Di solito, ogni membro della famiglia ne aveva uno solo, al più due, uno estivo ed uno invernale. Veniva sfruttato fino al limite dell'usura, a volte anche oltre, ritoccandolo e passandolo alla generazione successiva, come nel caso degli abiti dei bambini.
Dopotutto guardando foto d'epoca, vecchi film, si osserva come quasi tutti portassero abiti eleganti . Specialmente gli uomini, sempre in giacca e cravatta. Ciò permetteva anche di nascondere, in apparenza, le differenze di classe. Era difficile, infatti, se non per qualche piccolo dettaglio, distinguere l'operaio dall'avvocato o il medico dall'elettricistra. Agli occhi di tutti si diventava uguali. Perché tutti ci tenevano ad essere ben curati. Anche i volti erano lo specchio di questa attenzione alla forma. Quasi sempre sbarbati e con i capelli ordinati, fissati con la brillantina e pettinati con una riga da una parte o tirati all'indietro.
Oggi non è più così. I tempi, per forza di cose, sono cambiati. La giacca e la cravatta non li porta più nessuno, se non in casi particolari. Si è perso quel senso, spesso eccessivo, dell'eleganza. Ed è anche giusto che sia così. Però, si è anche perso quel modo di essere e di pensare che invece era dettato dalla necessità di apparire in una certa maniera. La dignità, per se stessi e per gli altri.
Può sembrare assurdo che un salumiere indossasse una cravatta, quando doveva stare dietro ad un bancone ad affettare salumi e formaggi. Ma era una forma di rispetto, verso la propria persona e verso il proprio lavoro. Non voleva essere un modo per delineare la propria superiorità, per assoggettare il cliente, ma semplicemente per rendersi degno di lui . Come il berretto della divisa di un netturbino. Sebbene spesso sporco, usurato, stava a sottolineare la sua identità, l'autorità di un funzionario comunale al servizio del raccattamento dei rifiuti. Una persona che svolgeva bene il proprio lavoro e che meritava, per questo, rispetto.
Così come portare il vestito buono alla messa domenicale era un segno di rispetto verso Dio. Era un modo per apparire giusti agli occhi degli altri.
Ormai questi formalismi, spesso nel bene, sono andati perduti. Il rigido protocollo si è ammorbidito con gli anni, grazie all'evolversi della società, dei costumi, della gente.
Il problema è che, col venir meno della forma, è venuta meno anche un'importante sostanza : il gusto del bello, di quell'apparire che non veniva fuori dalla vanità ma dalla dignità e dal rispetto, per sé e per chi ci stava davanti.
E' vero che non è certo un vestito piuttosto che un altro a definire un individuo, tanto meno la sua competenza. Ma anche il modo di presentarsi sul posto di lavoro, ad un'esame, la forma estetica riflette un pò ciò che quell'uomo o quella donna è.
In questo senso, Aristotele diceva che la forma è sostanza. Perchè è vero, senza dubbio, che l'abito non fa il monaco, ma credo anche ci sia una dignitosa via di mezzo tra la giacca e la cravatta e i bermuda portati sopra i sandali, anche se ci sono 30 gradi e siamo in pieno agosto. Un compromesso si trova sempre
Fino alla seconda metà del secolo scorso, quasi tutti i mestieri, generalmente pubblici, prevedevano la divisa. Dallo spazzino al tranviere, dal portalettere all'usciere. Generalmente, quasi tutti portavano un berretto rigido, tipo quello in dotazione alle forze dell'ordine. Poi, c'era chi aveva una vera e propria divisa, composta da giacca, pantaloni e cravatta, come ad esempio i tranvieri. Oppure un camice, come nel caso degli spazzini o del tassista e del vetturino.
C'era il culto della forma che è andato perduto. Tutti gli impiegati, persino in estate, portavano la giacca. Anche professioni con mansioni poco "gentili" ci tenevano all'immagine. Basti pensare che, anche i salumieri e i bottegai, sotto il camice, portavano la cravatta. "Vestirsi bene" contava molto. Anche al di fuori dell'ambito lavorativo. All'interno delle famiglie italiane, ad esempio, a partire dai nipoti fino ad arrivare al nonno, tutti avevano il famoso " vestito buono". Diffusissimo al sud, era un completo, di solito scuro, utilizzato per le occasioni solenni: la messa domenicale, le uscite serali, oppure ricorrenze particolari come matrimoni, battesimi, comunioni. Di solito, ogni membro della famiglia ne aveva uno solo, al più due, uno estivo ed uno invernale. Veniva sfruttato fino al limite dell'usura, a volte anche oltre, ritoccandolo e passandolo alla generazione successiva, come nel caso degli abiti dei bambini.
Dopotutto guardando foto d'epoca, vecchi film, si osserva come quasi tutti portassero abiti eleganti . Specialmente gli uomini, sempre in giacca e cravatta. Ciò permetteva anche di nascondere, in apparenza, le differenze di classe. Era difficile, infatti, se non per qualche piccolo dettaglio, distinguere l'operaio dall'avvocato o il medico dall'elettricistra. Agli occhi di tutti si diventava uguali. Perché tutti ci tenevano ad essere ben curati. Anche i volti erano lo specchio di questa attenzione alla forma. Quasi sempre sbarbati e con i capelli ordinati, fissati con la brillantina e pettinati con una riga da una parte o tirati all'indietro.
Oggi non è più così. I tempi, per forza di cose, sono cambiati. La giacca e la cravatta non li porta più nessuno, se non in casi particolari. Si è perso quel senso, spesso eccessivo, dell'eleganza. Ed è anche giusto che sia così. Però, si è anche perso quel modo di essere e di pensare che invece era dettato dalla necessità di apparire in una certa maniera. La dignità, per se stessi e per gli altri.
Può sembrare assurdo che un salumiere indossasse una cravatta, quando doveva stare dietro ad un bancone ad affettare salumi e formaggi. Ma era una forma di rispetto, verso la propria persona e verso il proprio lavoro. Non voleva essere un modo per delineare la propria superiorità, per assoggettare il cliente, ma semplicemente per rendersi degno di lui . Come il berretto della divisa di un netturbino. Sebbene spesso sporco, usurato, stava a sottolineare la sua identità, l'autorità di un funzionario comunale al servizio del raccattamento dei rifiuti. Una persona che svolgeva bene il proprio lavoro e che meritava, per questo, rispetto.
Così come portare il vestito buono alla messa domenicale era un segno di rispetto verso Dio. Era un modo per apparire giusti agli occhi degli altri.
Ormai questi formalismi, spesso nel bene, sono andati perduti. Il rigido protocollo si è ammorbidito con gli anni, grazie all'evolversi della società, dei costumi, della gente.
Il problema è che, col venir meno della forma, è venuta meno anche un'importante sostanza : il gusto del bello, di quell'apparire che non veniva fuori dalla vanità ma dalla dignità e dal rispetto, per sé e per chi ci stava davanti.
E' vero che non è certo un vestito piuttosto che un altro a definire un individuo, tanto meno la sua competenza. Ma anche il modo di presentarsi sul posto di lavoro, ad un'esame, la forma estetica riflette un pò ciò che quell'uomo o quella donna è.
In questo senso, Aristotele diceva che la forma è sostanza. Perchè è vero, senza dubbio, che l'abito non fa il monaco, ma credo anche ci sia una dignitosa via di mezzo tra la giacca e la cravatta e i bermuda portati sopra i sandali, anche se ci sono 30 gradi e siamo in pieno agosto. Un compromesso si trova sempre
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