GRAZIE DI TUTTO !
Sono passati quarant'anni. Era il 16 Marzo del 1978. Via Fani era semplicemente il nome di una strada romana. Sconosciuta a chi non aveva pratica della Capitale. Da allora è diventata un simbolo. Simbolo della debolezza dello Stato.
Perché verso le 9:00 di quel mattino, a Roma, in quella via fino ad allora sconosciuta, le Brigate Rosse, gruppo armato notissimo in quei cosiddetti " Anni di piombo", rapirono il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, uccidendo i cinque uomini della scorta e dando inizio ad un Calvario terminato 55 giorni dopo, il 9 Maggio, col ritrovamento del cadavere di Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa a pochi passi dalla sede della Democrazia Cristiana, in via Caetani.
In questi anni si è fatto tanto. Si sono rispettate le ricorrenze, come quella di oggi. Si è cercato di dare una risposta a quanto accaduto. Le indagini hanno fatto il proprio corso, pur non riuscendo, come spesso accade, ad arrivare ad una conclusione definitiva.
Quel che posso dire, da giovane non presente all'epoca dei fatti, molto è stato fatto affinché quanto accaduto fosse ricordato da chi era presente e conosciuto e tramandato da coloro che, come me, sono "venuti dopo" e vivono in una società che, nel bene o nel male, è frutto anche di eventi come questo. Il mio intento non è quello di sintetizzare il cursus degli eventi, la dinamica del rapimento, le "tappe" del sequestro. Le varie ipotesi fatte sul susseguirsi delle azioni, i vari possibili scenari di colpevolezza. Questo è stato abbondantemente fatto negli anni da chi ne aveva competenza: giudici, magistrati, investigatori. E' stato raccontato tutto attraverso libri, saggi, film e documentari. Io voglio semplicemente fare una riflessione. Si tende sempre a parlare di stragi, di attentati allo Stato. Ma questo modo astratto di esporre potrebbe portare ad un errore: dimenticarsi che, dietro a queste astratte definizioni - come appunto "la strage di via Fani" - vi siano degli uomini e dietro di loro altre persone. Madri, mogli, figli. Gente distrutta dal dolore per la quale non è una consolazione sapere che i propri cari siano diventati degli eroi. A loro mancherà non il poliziotto, non il carabiniere, ma il marito che rincasava la sera stanco, a cui preparare la cena. A quei bambini non mancherà il funzionario dello Stato. Mancherà un padre che gli raccontava una favola prima di andare a dormire o che li aiutava a fare i compiti e gli insegnava a giocare a pallone. Fare la storia in questo modo ha poco valore. Come i ragazzini a scuola che, magari, studiano in maniera "astratta" la storia dell'Impero Romano come un banale susseguirsi di scontri e battaglie, date e luoghi difficili da ricordare perdendo, però, il punto centrale del discorso. Cioè che, alla base di quei fatti, ci sono degli uomini. Uomini che credevano nel proprio lavoro e lo facevano bene, sacrificando la famiglia, gli affetti e se stessi. Ecco, io voglio semplicemente ricordare quegli uomini che non hanno mai smesso di credere nel proprio mestiere e nella giustizia dello Stato per cui lottavano quotidianamente: il presidente Aldo Moro e gli uomini della scorta Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino. Grazie per quanto avete fatto per questo Paese, a volte ingrato e grazie anche alle vostre famiglie che, pur sapendo i rischi che correvate, vi hanno sempre appoggiati, sostenuti e continuano a farlo ancora oggi, battendosi per la verità e per mantenere viva la vostra memoria.
Sono passati quarant'anni. Era il 16 Marzo del 1978. Via Fani era semplicemente il nome di una strada romana. Sconosciuta a chi non aveva pratica della Capitale. Da allora è diventata un simbolo. Simbolo della debolezza dello Stato.
Perché verso le 9:00 di quel mattino, a Roma, in quella via fino ad allora sconosciuta, le Brigate Rosse, gruppo armato notissimo in quei cosiddetti " Anni di piombo", rapirono il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, uccidendo i cinque uomini della scorta e dando inizio ad un Calvario terminato 55 giorni dopo, il 9 Maggio, col ritrovamento del cadavere di Moro nel bagagliaio di una Renault 4 rossa a pochi passi dalla sede della Democrazia Cristiana, in via Caetani.
In questi anni si è fatto tanto. Si sono rispettate le ricorrenze, come quella di oggi. Si è cercato di dare una risposta a quanto accaduto. Le indagini hanno fatto il proprio corso, pur non riuscendo, come spesso accade, ad arrivare ad una conclusione definitiva.
Quel che posso dire, da giovane non presente all'epoca dei fatti, molto è stato fatto affinché quanto accaduto fosse ricordato da chi era presente e conosciuto e tramandato da coloro che, come me, sono "venuti dopo" e vivono in una società che, nel bene o nel male, è frutto anche di eventi come questo. Il mio intento non è quello di sintetizzare il cursus degli eventi, la dinamica del rapimento, le "tappe" del sequestro. Le varie ipotesi fatte sul susseguirsi delle azioni, i vari possibili scenari di colpevolezza. Questo è stato abbondantemente fatto negli anni da chi ne aveva competenza: giudici, magistrati, investigatori. E' stato raccontato tutto attraverso libri, saggi, film e documentari. Io voglio semplicemente fare una riflessione. Si tende sempre a parlare di stragi, di attentati allo Stato. Ma questo modo astratto di esporre potrebbe portare ad un errore: dimenticarsi che, dietro a queste astratte definizioni - come appunto "la strage di via Fani" - vi siano degli uomini e dietro di loro altre persone. Madri, mogli, figli. Gente distrutta dal dolore per la quale non è una consolazione sapere che i propri cari siano diventati degli eroi. A loro mancherà non il poliziotto, non il carabiniere, ma il marito che rincasava la sera stanco, a cui preparare la cena. A quei bambini non mancherà il funzionario dello Stato. Mancherà un padre che gli raccontava una favola prima di andare a dormire o che li aiutava a fare i compiti e gli insegnava a giocare a pallone. Fare la storia in questo modo ha poco valore. Come i ragazzini a scuola che, magari, studiano in maniera "astratta" la storia dell'Impero Romano come un banale susseguirsi di scontri e battaglie, date e luoghi difficili da ricordare perdendo, però, il punto centrale del discorso. Cioè che, alla base di quei fatti, ci sono degli uomini. Uomini che credevano nel proprio lavoro e lo facevano bene, sacrificando la famiglia, gli affetti e se stessi. Ecco, io voglio semplicemente ricordare quegli uomini che non hanno mai smesso di credere nel proprio mestiere e nella giustizia dello Stato per cui lottavano quotidianamente: il presidente Aldo Moro e gli uomini della scorta Domenico Ricci, Oreste Leonardi, Giulio Rivera, Francesco Zizzi e Raffaele Iozzino. Grazie per quanto avete fatto per questo Paese, a volte ingrato e grazie anche alle vostre famiglie che, pur sapendo i rischi che correvate, vi hanno sempre appoggiati, sostenuti e continuano a farlo ancora oggi, battendosi per la verità e per mantenere viva la vostra memoria.
Commenti
Posta un commento